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STUDI MILITARI




                    I giudici vennero chiamati a valutare la condotta di un Comandante di
              Stazione che:
                    ➣ dopo avere ostacolato il colloquio fra il Cap. Q. e il Brig. R., quando era
              stato richiesto dall’ufficiale di allontanarsi per potergli consentire di parlare con
              l’altro militare, aveva replicato al Cap. Q. che doveva essere lui a uscire perché
              quello era il suo ufficio: “No, l’ufficio è mio, esca lei”;
                    ➣ aveva rispedito al Cap. Q. in busta chiusa - per dimostrare di non voler-
              ne prendere visione - una missiva contenuta in un plico sigillato che il superiore
              gli aveva inviato, poi risultato essere un provvedimento di “esortazione ad un
              più diligente e corretto assolvimento dei compiti di comando riferiti al settore
              della polizia giudiziaria”.
                    Il contrasto su cui si sono innestate le due condotte incriminate, si profilava
              - per la verifica inerente alla potenzialità offensiva e ingiuriosa delle condotte, nel
              più ampio ambito dell’accertamento della natura dell’intervento del superiore
              gerarchico. Era necessario stabilire se esso fosse stato ispirato dalla volontà di
              compiere un - possibile e, se del caso, doveroso - atto di coordinamento ammini-
              strativo fra le unità dipendenti al fine dell’ottimale organizzazione del servizio,

              oppure se esso si fosse mosso nel senso di interloquire nell’ambito dei rapporti
              tra autorità giudiziaria e polizia giudiziaria del Comandante di Stazione durante
              indagini di polizia giudiziaria. Il tema, di sicura importanza, è stato sovente affron-
              tato anche dall’elaborazione svolta dalla giurisprudenza costituzionale quando ha
              saggiato la conformità di diverse norme con l’art. 109 Cost.: tale disposizione sta-
              bilisce che l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria e,
              così, esprime il preciso, non equivocabile, significato di scolpire i due termini del
              rapporto di dipendenza funzionale, con riferimento all’autorità giudiziaria e alla
              polizia giudiziaria, in modo da escludere interferenze di altri poteri nella condu-
              zione delle indagini, pur quando tali poteri promanino dalla medesima scala
              gerarchica dell’operatore di polizia incaricato della conduzione delle indagini: è
              proprio in virtù di questa salvaguardia assicurata dalla Carta fondamentale alla
              dipendenza funzionale che la direzione delle indagini risulta effettivamente riser-
              vata all’autonoma iniziativa e determinazione dell’autorità giudiziaria medesima.
                    Si è, sul punto, sottolineato che il rapporto di dipendenza funzionale non
              determina, a sua volta, una compressione dell’organico rapporto di dipendenza
              gerarchica, al pari delle sue articolazioni di ordine anche disciplinare, della poli-
              zia giudiziaria nei confronti del potere esecutivo e all’interno di essa, ma non
              tollera che - fosse anche per comprensibili esigenze di natura informativa ed
              organizzativa - nella dialettica propria del rapporto gerarchico si sviluppino
              forme di coordinamento investigativo alternative a quello condotto dalla com-
              petente autorità giudiziaria.



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