Page 38 - Rassegna 2021-3
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DOTTRINA
amministrazione, delle somme introitate, delle modalità di condotta, della posi-
zione del soggetto attivo del reato nella amministrazione, alla caratura criminale
dei soggetti coinvolti.
Chiaro che le riserve di ordine costituzionale sulla pena fissa si aggravano
quando la pena sia perpetua in considerazione della evidente contraddizione
con il principio o fine della rieducazione del condannato e tuttavia sono smor-
zati dalla previsione di istituti che in fase di esecuzione della pena offrono al
condannato la speranza di un reinserimento nel gruppo sociale, come la riabi-
litazione.
Venendo alla deformazione o sfregio permanente del viso la previsione
della pena accessoria perpetua fissa rischia di porsi in tensione con i principi
costituzionali sopra esposti e in particolare con la primaria esigenza di indivi-
dualizzazione del trattamento sanzionatorio.
E invero la pena accessoria ha una portata afflittiva non secondaria, rea-
lizza uno scopo di prevenzione speciale quale incapacitazione non trascurabile
nella funzione punitiva del diritto penale. In tale ottica come avviene con la
commisurazione della pena principale la pena accessoria merita di essere infor-
mata al principio della mobilità della pena e quindi di essere individualizzata in
relazione alla concreta gravità del fatto commesso e alla personalità del reo sulla
base della valorizzazione dei parametri normativi previsti dal Codice per la pena
principale .
(31)
E invero come si ricava dalla costante giurisprudenza della Corte di cassa-
zione i due eventi alternativi del delitto in commento - la deformazione del viso
o lo sfregio permanente del viso - consistono in lesioni personali gravissime ma
non dal disvalore identico essendo la deformazione una alterazione della sim-
metria del viso tale da produrre uno sfiguramento ridicolizzante e sgradevole -
la mutilazione delle narici, la paresi facciale, la perdita di quasi tutti i denti, la
amputazione del labbro o del mento, la perdita di gran parte di un orecchio, la
(31) “Lo strumento più idoneo al conseguimento delle finalità della pena, e più congruo rispetto
al principio d’uguaglianza, [è] la mobilità della pena, cioè la predeterminazione della medesi-
ma da parte del legislatore fra un massimo ed un minimo” (Corte cost., 67 del 1963); “l’at-
tuazione di una riparatrice giustizia distributiva esige la differenziazione più che l’uniformità”
(Corte cost., 104 del 1968); «Affinché poi la pena inflitta al singolo condannato non risulti
sproporzionata in relazione alla concreta gravità, oggettiva e soggettiva, del fatto da lui com-
messo, il legislatore stabilisce normalmente che la pena debba essere commisurata dal giudice
tra un minimo e un massimo, tenendo conto in particolare della vasta gamma di circostanze
indicate negli artt. 133 e 133-bis c.p., in modo da assicurare altresì che la pena appaia una
risposta - oltre che non sproporzionata - il più possibile “individualizzata”, e dunque calibra-
ta sulla situazione del singolo condannato, in attuazione del mandato costituzionale di “per-
sonalità” della responsabilità penale di cui all’art. 27, primo comma, Cost.», (Corte cost. 222 del
2018).
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