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IL PROBLEMA DELL’ESTERNALIZZAZIONE DEL METODO MAFIOSO
NEL CASO DELLE COSIDDETTE MAFIE DELOCALIZZATE
Ferma restando una riserva di violenza nel patrimonio associativo, tale
forza intimidatrice può venire acquisita con la creazione di una struttura orga-
nizzativa che, in virtù di contiguità politico-elettorali, con l’uso di prevaricazio-
ni e con una sistematica attività corruttiva, esercita condizionamenti diffusi
nell’assegnazione di appalti, nel rilascio di concessioni, nel controllo di settori
di attività di enti pubblici o di aziende parimenti pubbliche, tanto da determi-
nare un sostanziale annullamento della concorrenza o di nuove iniziative da
parte di chi non aderisca o non sia contiguo al sodalizio» .
(7)
Il Tribunale, scindendo le due associazioni portate sul banco degli impu-
tati dalla Procura di Roma, pur affermando la piena compatibilità del reato di
cui all’art. 416-bis c.p. con organizzazioni non legate alle mafie storiche, ha
escluso che le attività poste in essere da Buzzi e Carminati potessero essere con-
notate dall’utilizzo del metodo mafioso .
(8)
L’elemento innovativo della giurisprudenza nel caso in esame - anticipata
dalla Cassazione nella fase cautelare e poi ribadita nella sentenza della Corte di
Appello che ha ritenuto sussistente un unico sodalizio - sta nell’aver ricono-
(9)
sciuto le condotte corruttive e prevaricatorie come componenti della forza di
intimidazione. In particolare, con tale pronuncia, i giudici della Corte capitoli-
na hanno affermato che con l’ingresso di Carminati, si è avuto il passaggio
dalla corruzione alla corruzione mafiosa registrandosi, come aveva già affer-
mato la Cassazione nella fase cautelare, un condizionamento nell’acquisizione
degli appalti mediante il controllo operato sull’amministrazione, ottenuto gra-
zie ad intese corruttive e alla forza di intimidazione esercitata sui potenziali
concorrenti .
(10)
In particolare, l’attività criminosa all’interno della Pubblica
Amministrazione dell’associazione si sarebbe mossa su due piani e con due
diversi strumenti: su di un piano, con il ricorso alla corruzione da utilizzare
(7) Cass. Pen., sez. Sesta, 10 marzo 2015, sent. n. 24535; negli stessi termini, Cass. Pen., sez. Sesta,
10 marzo 2015, sent. n. 24536.
(8) Trib. Roma, 20 luglio 2017 (dep. 16 ottobre 2017), sent. n. 11730. Per un commento alla sen-
tenza si rinvia a ZUFFADA, Per il Tribunale di Roma “Mafia Capitale” non è mafia: ovvero, della con-
troversa applicabilità dell’art. 416 bis c.p. ad associazioni criminali diverse dalle mafie “storiche”, in Dir.
Pen. Cont., 29 novembre 2017.
(9) Corte Appello, Roma, sez. Terza, settembre 2018, sent. n. 10010. Per un commento analitico
della sentenza, si rinvia a GRECO, Mafia capitale: il banco di prova dell’art. 416-bis c.p., Nota a
Corte App., Roma, sez. Terza, sent. 11 settembre 2018 (dep. 10 dicembre 2018), n. 10010,
Pres. TORTORA, est. PALMISANO, in Dir. Pen. Cont., fasc. 6/2019, pagg. 95 ss.
(10) Sull’incompatibilità del metodo mafioso con i reati di corruzione si era già espressa una parte
della dottrina con riguardo alle sentenze emesse dalla Cassazione in fase cautelare. Si vedano,
per esempio, FORNARI, Il metodo mafioso: dall’effettività dei requisiti di “pericolo d’intimidazione” deri-
vante da un contesto criminale?, in Dir. Pen. Cont., 9 giugno 2016; INSOLERA, Guardando nel caleido-
scopio. Antimafia, antipolitica, potere giudiziario, in Ind. Pen., 2015, pagg. 237 ss.
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