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LA TUTELA DELLE VITTIME AL DI LÀ DEL GENERE:
QUANDO ANCHE GLI UOMINI SONO VITTIME DELLA STESSA CULTURA MASCHILISTA
Alla vittima spetta una protezione personale adeguata, anche in termini
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di assistenza, sicurezza e privacy, tale da evitare che il coinvolgimento nel pro-
cesso penale le provochi ulteriore pregiudizio, soprattutto di tipo psicologico e
morale. I due momenti di tutela sono diversamente orientati: come si usa dire,
l’uno si attua “nel” procedimento, l’altro invece, proteggendo la persona “dal”
procedimento . Il fine è evitare i rischi di una possibile vittimizzazione secon-
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daria, specialmente con riguardo ad alcune categorie di vittime particolarmente
vulnerabili, alle quali, in quanto destinatarie di specifiche esigenze, di fatto, si
finisce con l’attribuire uno status di “supervittime”. Vittime, cioè, la cui tutela
rappresenta la priorità delle priorità della politica criminale .
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Tra queste indubbiamente rientrano le donne e le vittime di violenza
domestica. Ma non solo.
3. I reati di violenza di genere e di violenza domestica e i rischi di
discriminazione
Anzitutto, va chiarito che quando si parla di violenza contro le donne
basata sul genere, si intende qualsiasi violenza diretta contro una donna in
quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato. Poiché, poi, la
Convenzione di Istanbul vieta la discriminazione fondata su vari motivi, com-
presi l’identità di genere e l’orientamento sessuale (art. 4, § 3) e poiché l’obiet-
tivo perseguito è di garantire protezione e aiuto a tutte le vittime di violenza a
prescindere dalle loro caratteristiche, occorre applicare le disposizioni della
Convenzione senza discriminazioni fondate sull’identità di genere, garantendo,
per esempio, che l’identità di genere delle persone transgender non impedisca
loro di avvalersi del sostegno e della protezione di fronte ad un rischio di vio-
lenza domestica o di aggressione sessuale, di stupro o di matrimonio forzato.
(10) Così SANDRA RECCHIONE, La vittima cambia il volto del processo penale: le tre parti “eventuali, la testi-
monianza dell’offeso vulnerabile, la mutazione del principio di oralità, in Dir. pen. proc., 2017, 1, pag. 70.
(11) Com’è noto, il legislatore, nel trasporre la Direttiva UE 2012(29) non ha dato seguito all’attua-
zione della definizione di vittima contenuta nell’art. 2. Il concetto di vittima, elaborato nel con-
testo internazionale ed europeo, è infatti rimasto estraneo alla nomenclatura del codice penale
e di procedura penale in cui invece si fa riferimento alla nozione di persona offesa, quale titolare
del bene giuridico offeso dal reato, categoria comprensiva anche delle persone giuridiche.
(12) In tal senso, ad esempio, TOMMASO RAFARACI, La tutela della vittima nel sistema penale delle garan-
zie, in Criminalia 2010, pag. 259. In termini analoghi, si è evidenziato come rilevi lo sforzo di
proteggere la vittima del reato non solo “dall’imputato”, ma pure “dal processo”, LEONARDO
FILIPPI, Il difficile equilibrio tra garanzie dell’accusato e tutela della vittima dopo il D.Lgs. n. 212/2015,
in Dir. pen. proc., 2016, 7, pag. 846.
(13) MITJA GIALUZ, Lo statuto europeo delle vittime vulnerabili, in SILVIA ALLEGREZZA, HERVÈ
BELLUTA, MITJA GIALUZ, LUCA LUPARIA, Lo scudo e la spada, cit., pag. 60.
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