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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
➢ «le cose immobili e mobili che presentano interesse archeologico (…)
particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi dallo Stato, dalle
Regioni allo Stato, dagli altri enti pubblici territoriali, nonché da ogni altro ente
ed istituto pubblico e dalle persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi
compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e per le quali sia interve-
nuta la dichiarazione di interesse dell’Autorità Amministrativa ;
(8)
➢ «le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che rivestano
nel loro insieme un eccezionale interesse archeologico, numismatico e che inte-
ressino paleontologia, preistoria e le primitive civiltà» .
(9)
L’uso della sottolineatura e del grassetto tipografico nelle definizioni che
precedono evidenziano che, nella classificazione offerta dal Codice dei beni, la
culturalità del bene archeologico discende dal bilanciamento di due elementi
fondamentali: l’appartenenza del reperto e l’intensità del suo interesse culturale.
3. La proprietà dei beni archeologici
a. Premessa
La classificazione delle categorie nelle quali sono divisi i beni archeologici,
si fonda in primo luogo sulla proprietà dell’oggetto. L’accertamento della proprie-
tà costituisce pertanto, nel riscontro di polizia giudiziaria, l’antecedente logico
all’individuazione della corretta ipotesi di reato. I beni archeologici presenti in
Italia si presumono, «salva prova contraria gravante sul privato che ne rivendichi la proprietà,
provenienti dal sottosuolo o dai fondali marini italiani ed appartengono, pertanto, al patrimonio
indisponibile dello Stato». È questo il principio stabilito dalla Corte di cassazione .
(10)
(8) Art. 10, comma 3, lett. a), del Codice dei beni.
(9) Art. 10, comma 3, lett. e), del Codice dei beni.
(10) Cass. civ., Sez. Seconda , 26 aprile 2017, n. 10303. Nel caso di specie, la Corte era stata chiamata a
dirimere una controversia inerente al sequestro di una collezione di reperti archeologici che il ricor-
rente dichiarava gli fosse pervenuta per via successoria e a seguito di un possesso familiare durato
oltre cinquant’anni. La parte, in particolare aveva contestato la proprietà statale dei beni per i quali
il Ministero non aveva fornito prova di un rinvenimento entro i confini nazionali, né accertato degli
stessi la speciale prerogativa d’interesse culturale con un procedimento amministrativo. Il ricorrente
invocava l’inoperatività della presunzione di proprietà statale e rendeva pertanto inapplicabile il
Codice dei beni invalidando l’acquisizione privata dei beni per maturato usucapione. La Corte ha
confermato l’orientamento prevalente (tra plurime Cass. civ., Sez. Prima, 10 febbraio 2006, n. 2995)
secondo il quale, considerata la natura e le caratteristiche dei beni, nonché la tutela costituzionale
garantita al patrimonio storico-artistico nazionale, il privato in rivendicazione deve dimostrare la cir-
costanza del ritrovamento degli oggetti archeologici in aree non appartenenti allo Stato italiano poi-
ché la presenza degli stessi in Italia, ai sensi del citato art. 91 del Codice dei beni, costituisce prova
logica della loro provenienza dal sottosuolo o dai fondali marini italiani, salva, appunto, la prova
contraria. Ai sensi dell’art. 2697 c.c. la parte avrebbe dovuto fondare le sue ragioni su esiti probatori
ben precisi ma non ottenuti in giudizio: la provenienza non italiana della collezione contesa o, quale
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