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DAI “BENI CULTURALI” ALL’“ARTE” CONTEMPORANEA
LE NUOVE FRONTIERE DELLA TUTELA
depauperamento e, soprattutto, l’assoluta insufficienza delle garanzie giuridiche
fino ad allora previste in loro difesa.
La protezione del patrimonio culturale tout court contiene al suo interno
una intrinseca dicotomia: alla tutela, in genere di stampo conservativo e vinco-
listico (statica), si contrappone la valorizzazione (dinamica), che interpreta il
bene culturale in ogni sua potenzialità, quale vettore identitario di conoscenza
e direttamente legato alla produttività economica lato sensu.
Il delinearsi di una matura presa di coscienza sul tema ha portato ad un
corpus normativo più strutturato ed interdisciplinare, che ha di volta in volta
recepito le diverse pronunce del legislatore costituzionale a partire dalla separa-
zione delle competenze (ex art. 117 Cost., la tutela dei beni culturali è affidata
allo Stato, mentre la valorizzazione alle Regioni), ripensando l’applicazione del
principio di sussidiarietà orizzontale ai sensi dell’art. 118, comma 4, Cost. (ad
esempio con l’adozione di partenariati pubblico-privato finalizzati alla tutela dei
beni culturali) e, last but not least, rafforzando la tutela dei predetti beni attraverso
lo strumento penalistico, a cominciare dalla disciplina del loro trasferimento
all’estero .
(9)
Sul punto il legislatore nazionale ha adottato il modello del “divieto con
riserva di permesso” (Verbot mit Erlaubnisvorbehalt) che muove da un generaliz-
zato divieto di trasferimento, salvi i casi consentiti dalla legge ; le disposizioni
(10)
di riferimento sono quelle contenute nell’art. 65 D.Lgs. n. 42 del 2004, che indi-
vidua tre categorie di beni in riferimento all’uscita dal territorio nazionale:
a)beni culturali assolutamente non esportabili (art. 65, comma 1 e 2);
b)beni la cui uscita è sottoposta ad autorizzazione (art. 65, comma 3);
c)beni liberamente esportabili (art. 65, comma 4).
La legge n. 214 del 2017 ha ampliato sensibilmente il catalogo di beni sot-
toposti a libera circolazione:
➣ in primo luogo, ha innalzato da cinquanta a settanta anni il limite tem-
porale previsto dall’art. 11, comma 1, lett. d);
(9) Sulla diaspora del patrimonio culturale italiano, raccontata solo per episodi isolati e in modi
sporadici, alla base di quei depositi della nostra “cattiva coscienza” (come li ha definiti)
generatisi proditoriamente decontestualizzando il passato mediante la rimozione dalle
nostre radici identitarie di storie e tradizioni, v., F. ISMAN, L’Italia dell’arte venduta, il Mulino,
2017, pag. 13.
(10) A cui fa da contraltare quello del “permesso con riserva di divieto” (Erlaubnis mit
Verbotsvorbehalt), che assume quale regola la libera circolazione del bene, salve le eccezioni pre-
viste dall’ordinamento. Nel caso del Codice nazionale dei beni culturali tale modello è stato
previsto (come misura di temperamento della disciplina prevista dall’art. 65) negli artt. 66 e 67
relativi all’uscita temporanea del bene: questa è di regola autorizzata, a meno che la stessa non
comprometta l’integrità e la sicurezza del bene.
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