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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE


               può darsi per certo che la riconducibilità di tale fatto nel quadro della speciale
               fattispecie, procedibile di ufficio, dell’ingiuria ad inferiore sia stata operata sulla
               base dell’ipotesi che tale fatto sia stato commesso da militare in servizio.
                    È noto, infatti, che la norma contenuta nell’articolo 199 c.p.m.p. si apre
               con l’affermazione che le fattispecie di insubordinazione e di abuso di autorità
               non si applicano allorquando i fatti da esse preveduti vengano commessi per
               cause estranee al servizio e alla disciplina militare. Indi prosegue delineando -
               sia pure con formulazione “in negativo” - alcune situazioni in grado di paraliz-
               zare l’efficacia della ipotetica esistenza della causa estranea al servizio e alla
               disciplina ed in grado, quindi, di imprimere al concreto fatto posto in essere, in
               ogni caso e qualunque ne sia stato il movente, la particolare qualificazione giu-
               ridica di reato di insubordinazione o di abuso di autorità.
                    Tra tali fatti rientra la circostanza che il fatto sia stato commesso da “mili-
               tare  che  si  trovi  in  servizio”.  In  altri  termini,  laddove  l’offesa,  nelle  diverse
               varianti di ingiuria, minaccia o violenza, sia stata posta in essere da un superio-
               re/inferiore nel mentre era impegnato “in servizio”, tale offesa ricade nell’am-
               bito dei più gravi reati a tutela del rapporto di gerarchia e non assume alcuna
               rilevanza determinante la circostanza che le cause di tale offesa attengano a
               vicende di natura personale e privata.
                    La questione che in tali casi si pone è soltanto una: comprendere che cosa
               si intenda con la locuzione “militare che si trovi in servizio”, riferita al soggetto
               attivo e tale da discriminare tra la applicabilità di norme incriminatrici tenden-
               zialmente procedibili a richiesta di procedimento e norme incriminatrici sempre
               procedibili di ufficio.
                    È indubbio che la situazione tipica consiste in un particolare «status» del
               soggetto attivo, in relazione alla quale si pone il problema di stabilire se con tale
               locuzione si intenda fare riferimento al generico rapporto di impiego in attualità
               di svolgimento oppure ad un servizio particolare e determinato, che si configuri
               come una concreta articolazione di tale rapporto di impiego.
                    Nella prima, e più ampia, prospettiva esegetica, il criterio di definizione del
               concetto di servizio è per vero molto agevole. Individuate le situazioni in cui
               per le più varie ragioni non vi è servizio in atto, tutte le altre integrerebbero il
               presupposto richiesto dalla norma.


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