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PROCEDURE D’INDAGINE INTERNE ALLE NAZIONI UNITE
NELL’AMBITO DELLE MISSIONI DI PEACEKEEPING. IL CASO DI MINUSMA
Di conseguenza, si applica il quadro normativo nazionale, in base al quale
il TCC deve procedere a istruire un processo che ovviamente segue il suo natu-
rale corso: non deve necessariamente concludersi con una condanna né gli esiti
sono sindacabili, esercitando il TCC la propria sovranità esterna.
Le UN tuttavia da anni, soprattutto a seguito dei numerosi casi di sexual abuse
and exploitation (SEA) verificatisi nella missione MINUSCA - Centro Africa, hanno
impiantato un sistema volto a responsabilizzare i TCCs su alcune tematiche e ad
assicurarsi che essi dispongano di un apparato giudiziario credibile, efficiente e
pronto a perseguire efficacemente i casi di rilevanza penale a loro sottoposti .
(19)
Nel caso di MINUSCA infatti, a causa delle numerose e continue alligations in
tema di SEAs, preso atto che la gerarchia dei contingenti coinvolti non riusciva a
mantenere la disciplina dei suoi sottoposti e che gli Stati coinvolti non persegui-
vano adeguatamente i casi, le UN hanno deciso di rimpatriarne i contingenti.
8. Conclusioni
L’esperienza maturata dallo scrivente in teatro operativo in qualità di inve-
stigator, addirittura di chairman di un JIT, nonché di member di numerosi BOI, ha
mostrato come le procedure anzidette siano poco conosciute sia a livello tattico
dal personale schierato sia a livello strategico dalle Autorità nazionali.
Sovente si incontrano difficoltà nello svolgimento delle indagini, consta-
tando da parte del personale della missione diffidenza e limitata propensione alla
collaborazione, situazioni in netto contrasto con lo spirito stesso delle Nazioni
Unite. Le attività di indagine, essendo innanzitutto volte a chiarire i fatti nel-
l’interesse generale che i disservizi non si ripetano, dovrebbero trovare ovun-
que il più ampio spirito di cooperazione.
(19) La tematica relativa ai SEAs offre un chiaro esempio di come le UN abbiano intrapreso spe-
cifiche azioni volte a superare ogni genere di difficoltà relativo all’accertamento dei fatti e
soprattutto al loro perseguimento. Il Segretario Generale delle UN, a seguito del rapporto
presentato nel 2015 dall’apposito High-Level External Independent Review Panel sui casi di SEAs
perpetrati dai caschi blu nella Repubblica Centrafricana, ha nominato nel 2016 uno Special
Coordinator incaricato di mettere in pratica la strategia delle United Nations contro le SEAs.
Nell’arco di pochi mesi gli Stati membri sono stati interpellati affinché fornissero, in merito
al loro quadro giuridico, elementi utili a valutare se al loro interno esistessero fattispecie
penali volte a sanzionare violenze/sfruttamenti sessuali e se ve ne fosse l’effettiva intenzione
(N.B.: il disvalore di tali comportamenti non é avvertito allo stesso modo in tutti i Paesi del
mondo) e capacità. In tale contesto, le UN hanno anche chiesto ai Paesi membri se, al veri-
ficarsi di casi che avessero visto coinvolti propri soldati, sarebbero stati in grado di inviare
nei teatri operativi dei National Investigation Officers (NIOs) per prendere parte alle indagini (la
Difesa italiana ha indicato i Carabinieri) collaborando con gli organi interni alle Missioni e
con quelli dell’Host State. È di tutta evidenza che, vista l’importanza della problematica, le UN
sarebbero riluttanti ad accettare lo schieramento di contingenti dei Paesi che forniscono in
merito risposte vaghe o non convincenti.
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