Page 97 - Rassegna 2019-4
P. 97
SICUREZZA INFORMATICA E NUOVE FRONTIERE DEL DIRITTO PENALE
Già il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 aveva cal-
deggiato espressamente la prosecuzione del processo di armonizzazione nor-
mativa in seno all’Unione, concentrando gli sforzi comuni principalmente nei
settori di maggiore interesse europeo, individuati nella criminalità finanziaria,
nella corruzione, nel traffico di sostanze stupefacenti e di esseri umani, nei reati
contro i minori, nei reati ambientali e, per l’appunto, nel cyber-crime. Ciò nella
consapevolezza che una cooperazione giudiziaria in senso ampio debba poggia-
re anche su principi e figure di reato che gli Stati possano considerare “comuni”
nel contrasto alla criminalità, pena il ridimensionamento dell’efficacia delle altre
iniziative già intraprese coralmente in tal senso, a cominciare dal rafforzamento
del ruolo di Eurojust (Unità di cooperazione giudiziaria dell’Unione europea)
(65)
o dalla costituzione delle squadre investigative comuni .
(66)
Tuttavia, per innestare un virtuoso processo di scrittura di regole condivi-
se e di individuazione di strumenti operativi efficaci, appare più che mai fonda-
mentale promuovere una cultura della cyber-security che sappia approcciare in
modo interdisciplinare le minacce correnti, coinvolgendo attori qualificati e
competenze diverse. In questa prospettiva, la Comunicazione congiunta al
Parlamento europeo ed al Consiglio presentata nel settembre 2017, dal titolo
“Resilienza, deterrenza e difesa: verso una cyber-sicurezza forte per l’UE”, ha
accelerato ed ampliato il raggio d’azione delle iniziative del primo documento
di cyber-strategy del 2013 (“An open, safe and secure Cyberspace”), articolandosi
strutturata ancora su un livello orizzontale, basandosi più sul dialogo diretto tra i singoli attori
interessati piuttosto che su una omologazione condivisa della materia penale. In generale, un
passo in avanti in questa direzione è stato sicuramente segnato dalla celeberrima sentenza
“Van Geen&Loos” del 5 febbraio 1963: in essa la Corte di giustizia dell’Unione europea
(CGUE) ha stabilito che il diritto comunitario non solo impone obblighi ai paesi dell’UE, ma
attribuisce anche diritti ai singoli che se ne possono pertanto avvalere invocando direttamente
le norme europee dinanzi alle giurisdizioni nazionali e comunitarie, senza che fosse necessario
che i singoli paesi dell’UE avessero recepito la norma europea in questione nel proprio ordi-
namento giuridico interno. Ciò ha dato l’avvio ad un incredibile sviluppo normativo e ad una
fiorente attività della GGUE in moltissime materie, salvo che in quella penale.
(65) Al riguardo, è d’uopo sottolineare l’importanza dell’operazione “Avalanche”, condotta nel
2016 dall’autorità giudiziaria tedesca in collaborazione con Eurojust ed Europol, che ha por-
tato all’eliminazione di una ramificata struttura criminale che operava con attacchi informa-
tici attraverso l’uso di malware ed un complesso sistema di riciclaggio degli illeciti profitti
così accumulati. Per ulteriori approfondimenti vedasi http://www.eurojust.europa.eu/docli-
brar y/Eurojust-framework/Casework/Operation%20Avalanche%20-
%20A%20closer%20look%20(April%202017)/2017-04_Avalanche-Case_EN.pdf.
(66) In forte ritardo rispetto agli obblighi previsti di attuazione del diritto europeo con riferimento
al settore della cooperazione giudiziaria in materia penale, con il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34
è stata recepita nell’ordinamento italiano la decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio del
13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni. Esse nascono non solo come stru-
mento di coordinamento tra organi requirenti nazionali, bensì come veri e propri team inve-
stigativi multinazionali che, nell’ambito di un obiettivo comune e per un dato periodo di
tempo, operano simultaneamente nei vari Stati membri interessati dalle indagini.
95