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LIBRI



               Ed è proprio “il fluire di bellezze e di umane imprese” che nell’intendimento
             degli autori “va elevato al di sopra di tutto”, malgrado “la corsa febbrile della
             Pianura Padana a generare infinite distese di cemento, e sopra di esse rossori di
             nubi inquinanti” abbia attenuato “nella cultura popolare” il sentimento di tale
             fluire.
               Nell’opera si invita allora ad “aprire” geograficamente e storicamente un teatro
             di così alto interesse in senso economico, sociale e spirituale. Il tutto per cogliere e
             valutare quella che gli autori indicano come la “posta in gioco di questa storia”, da
             loro vista come “un’incipiente, imprevista civilizzazione che nessuno può dire se si
             perfezionerà con successo o resterà alla fine un’incompiuta minacciosa”.
               Puntuale è poi la descrizione, sotto il profilo storico e geografico, della forma-
             zione e definizione, attraverso i secoli, con il passaggio di eserciti ed il sorgere e
             progredire di città e paesi, dei tratti caratteristici del “teatro”, comprensivo anche
             delle aree di Mantova e Piacenza.
               Proseguendo, viene posta in risalto la fitta rete di collegamenti tra zone geogra-
             fiche ed economiche, un “continuum territoriale”, sotto il controllo dei Grande
             Aracri di Cutro o, con dimensioni più contenute, degli Arena e Nicoscia di Isola di
             Capo Rizzuto.
               Eppure in Emilia, come in altre zone non tradizionali di espansione mafiosa,
             mutamenti vistosi non hanno luogo: “La violenza è di norma a bassa intensità, il
             suo messaggio si propaga attraverso il passaparola e i fatti che vengono da tutti
             visti e conosciuti; per questo “entra” più in profondità nei centri minori, per loro
             oggettiva debolezza a farsi “educare”.
               Il rigore dell’indagine connota altresì l’analisi, penetrante e capillare, del contesto
             sociale  ed  economico  di  quel  paese  dell’entroterra  calabrese,  Cutro,  da  dove,  in
             fondo, si è originato tutto, con la grande migrazione verso Reggio Emilia ed altri siti
             del Nord Italia, successiva peraltro a quella verso la Germania, iniziata alla fine degli
             anni sessanta, dato il perdurare ed incancrenirsi di situazioni di grave disagio sociale.
               I “tratti disperati” di Cutro avevano peraltro costituito, nel 1959, l’oggetto di un
             articolo sulla rivista Successo di Pier Paolo Pasolini che, fermatosi a Cutro durante
             un suo viaggio lungo le coste italiane, ne aveva ricavato viva impressione.
               Ciò premesso, in Rosso Mafia viene puntualmente colto il punto di passaggio,
             negli anni sessanta, da una “diffusa criminalità di sussistenza”, anche con fenomeni
             esasperati di lotta sociale e di faide personali, alle manifestazioni più gravi di oggi.
               Vengono così evidenziate le figure di Antonio Dragone a cui viene ricondotta
             la creazione, negli anni settanta, di un’efficiente struttura mafiosa e di Nicolino
             Grande Aracri.
               Di  Grande  Aracri  gli  autori  riescono  a  comporre  un  ritratto  a  tutto  tondo,
             ponendone in risalto gli elementi caratteristici, innovativi rispetto a Dragone, atte-
             so che, ad esempio, “la parziale abolizione del pizzo gli ha consentito di acquisire
             un consenso trasversale, soprattutto tra gli imprenditori e i commercianti locali”.
             E ancora rilevano come lo stesso non eliminasse del tutto le estorsioni dall’ambito
             delle attività criminali del clan a Cutro ma invece ne mutasse le modalità “introdu-
             cendo la forma delle false fatturazioni…”, unendo, nel contempo, a tale genere di
             attività, l’altra volta al controllo di appalti di tipologia diversificata con estensione
             anche ad altri comuni del crotonese e alle province di Catanzaro e Cosenza.
               In tale contesto, sono stati descritti i processi di natura sociale ed economica che
             hanno determinato, soprattutto a partire dalla prima metà degli anni sessanta, una
             consistente ondata migratoria di tanti giovani, principalmente muratori, da Cutro a
             Reggio Emilia e altri comuni vicini.

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