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                  La provincia di Reggio Emilia vide poi l’insediarsi, nella seconda metà degli anni
               Ottanta, di alcune famiglie mafiose dedite ai rami tradizionali di attività come le
               estorsioni, il controllo degli appalti pubblici nell’ambito dell’edilizia e la gestione del
               traffico di stupefacenti, successivamente esteso alla provincia di Modena. Il tutto
               peraltro in uno scenario spesso caratterizzato dal frequente verificarsi di episodi
               delittuosi, sebbene tali fenomeni criminali abbiano comunque incontrato la seria
               opposizione rappresentata, pur in un contesto certamente difficile, dalla costante ed
               incisiva attività di contrasto svolta dall’Autorità giudiziaria e dalle Forze di polizia.
                  Viene poi evidenziato come, con l’uccisione di Antonio Dragone, nel 2004, si
               apra una nuova epoca con la definitiva affermazione della famiglia Grande Aracri,
               la cui figura di spicco era rappresentata dal già citato Nicolino Grande Aracri, il cui
               carattere, la personalità e i metodi, sono resi con indubbia efficacia nel testo, sca-
               turendo da un’analisi attenta ad ogni dettaglio. Altro aspetto toccato ed approfon-
               dito nell’opera è quello costituito dall’inquietante fenomeno del processo di inte-
               grazione della mafia con parte della struttura economica locale: un inserimento
               peraltro graduale, a partire dagli anni Ottanta, soprattutto in ambiti ad alta intensità
               di manodopera ed a limitato livello tecnologico, in particolare edilizia e settore
               degli autotrasporti, con estensione anche al mondo della ristorazione e del diverti-
               mento. Successivamente la ’ndrangheta puntò alla creazione di ricchezza mediante
               l’accaparramento di appalti e subappalti e intrecciando rapporti con il mondo delle
               cooperative, come pure con l’edilizia privata di grandi dimensioni.
                  È altresì evidenziato dagli autori come a tale stato di cose si aggiungesse un rin-
               novato  dinamismo  degli  organi  di  repressione  dello  Stato.  Il  nuovo  Prefetto  di
               Reggio Emilia, Antonella De Miro, unitamente a Carabinieri, Polizia, Guardia di
               Finanza e Direzione Investigativa Antimafia con la creazione di due gruppi di lavo-
               ro interforze, dette infatti decisivo impulso al contrasto alle cosche, aprendo la
               cosiddetta “stagione delle interdittive”. In tale ambito furono però colpite anche
               imprese emiliane, a dimostrazione che l’inquietante connubio aveva avuto modo di
               concretizzarsi.  Ma  questo  connubio  non  aveva  visto  soltanto  la  partecipazione
               delle imprese ora citate: rilevante fu, infatti, la partecipazione allo stesso anche di
               professionisti qualificati, giornalisti e rappresentanti del mondo delle istituzioni.
                  Numerosi sono gli esempi menzionati nell’opera, che anche su tale punto riesce
               a scavare in profondità nel contesto.
                  Evidenziate le radici della presenza della ’ndrangheta in corrispondenza dell’on-
               data migratoria dalla provincia di Crotone, avvenuta nei primi anni ottanta, è poi
               descritto il graduale ma inesorabile processo di colonizzazione del paese, ponendo
               nel contempo in risalto come da parte di molti nel territorio l’atteggiamento di
               fronte al fenomeno ’ndranghetista fosse “addirittura negazionista, sebbene la dife-
               sa della comunità avrebbe dovuto comportare la segnalazione del fenomeno, anzi-
               ché la sua rimozione e la denuncia di chi ne svelava la diffusione”.
                  Nell’opera si è poi cercato di fornire una risposta alla domanda di fondo: come
               è stato possibile il verificarsi della situazione sin qui descritta?
                  Al riguardo l’analisi è complessa e approfondita, riuscendo a cogliere e riunire
               aspetti e cause che, nel complesso, concorrono a comporre un razionale e convin-
               cente quadro d’insieme. È innanzitutto posta in dubbio “l’obiettività della fotogra-
               fia” del modello emiliano, traendo spunto da un libro di Luigi Zoja  che allude a
                                                                              (2)
               celebri foto del secolo scorso, apparentemente espressione di un dato oggettivo, e
               che in realtà risultano “intrise di artificio”.

               (2)   Luigi ZOJA, Vedere il vero e il falso, Torino, Einaudi, 2018.

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