Page 280 - Rassegna 2019-4
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LIBRI



                                                          Mario Caligiuri
                                          Come i pesci nell’acqua. Immersi nella disin-
                                                           formazione
                                             Rubbettino Editore, 2019, pagg. 96, euro 12.00

                                            «Una cosa di cui i pesci non sanno assolutamente
                                         nulla è l’acqua». Questa frase, che ha chiaramente
                                         ispirato il titolo del libro di Mario Caligiuri, profes-
                                         sore  ordinario  di  pedagogia  della  comunicazione
                                         all’Università della Calabria, dove dirige il Master in
                                         Intelligence, è del sociologo Marshal McLuhan che fu
                                         tra i primi, negli anni settanta, a interrogarsi sugli
                                         effetti  che  la  comunicazione,  allora  in  gran  parte
                                         affidata ai giornali e alla televisione, poteva avere sui
                                         singoli e sulla società nel suo insieme.
                                            McLuhan, per motivi puramente anagrafici, non
             ebbe modo di conoscere gli attuali sviluppi della rete internet e dei social network.
             Tuttavia, questa sua frase identifica al meglio il senso di spaesamento e di incertez-
             za che può assalire i fruitori dei nuovi media, se non sono sufficientemente attrez-
             zati per capirne i meccanismi più profondi, nascosti e a volte pericolosi.
               Non mancano gli esempi di campagne di disinformazione che hanno causato
             danni assai rilevanti a livello planetario, manipolando i mercati, le istituzioni e le
             persone, così come casi di scuola in cui servizi apparentemente innovativi, senza
             una seria e pregressa valutazione etica, rischiano di produrre attentati alla privacy e
             discriminazioni.
               Ed è qui che interviene il ruolo centrale dell’educazione, in una fase storica in
             cui diventa necessario «dare forma e guidare il futuro del digitale» smettendo «di
             costruirlo  mano  a  mano  che  andiamo  avanti.  È  il  momento  di  lavorare  su  un
             modello  innovativo,  per  un’infosfera  migliore»,  come  afferma  Luciano  Floridi,
             insegnante alla Oxford University, nella sua preziosa prefazione al volume.
               Insomma, nella «guerra delle informazioni» l’unica arma da contrapporre è «la
             centralità culturale della pedagogia», soprattutto nei confronti della generazione più
             esposta, quella dei “nativi digitali”. Infatti, «i messaggi prevalenti con i quali i gio-
             vani si confrontano a livello cognitivo per comprendere la realtà sono i contenuti
             del web, in una continua sovrapposizione tra reale e virtuale».
               Preso atto che «la società della disinformazione sarà sempre più centrale nei
             prossimi anni», la pedagogia della comunicazione - della quale nel libro sono decli-
             nate con precisione le strategie educative da adottare - «può rappresentare uno
             strumento fondamentale per affrontare questa sfida già in atto», abituando le per-
             sone a selezione le fonti attendibili, ad acquisire le informazioni rilevanti e a scar-
             tare quelle ininfluenti o dannose, con un metodo che si può far derivare a pieno
             titolo dall’intelligence.
               Solo l’educazione, che allo stato attuale non è ancora colpevolmente al centro
             delle scelte politiche e del dibattito pubblico, ma sulla quale si deve puntare e inve-
             stire, può rendere dunque i fruitori di internet pienamente consapevoli dell’ele-
             mento in cui, proprio come i pesci, si trovano a dover “nuotare”.

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                                                                       Raffaele Cardamone

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