Page 180 - Rassegna 2019-3
P. 180
PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE
Più complessa risulta la situazione nei casi in cui la comunicazione, in rela-
zione alla quale si verifica il rifiuto di sottoscrizione, riguarda l’irrogazione di
sanzioni disciplinari.
Sul punto specifico la giurisprudenza ha manifestato una significativa
divergenza di opinioni, della quale è opportuno dare conto, in attesa di un
auspicato futuro chiarimento.
Fino ad un recente passato, gli arresti della Suprema Corte erano sicura-
mente orientati verso l’affermazione della attinenza al servizio e alla disciplina
dell’eventuale ordine impartito al soggetto che manifestava l’intenzione di non
firmare.
In particolare la sentenza della Prima Sezione, in data 5/28 febbraio
2008, n. 8987, richiamando anche precedenti decisioni, aveva affermato,
sotto la vigenza del Regolamento di Disciplina di cui al DPR n. 545/1986,
che la previsione della forma scritta per la comunicazione all’interessato del
provvedimento conclusivo (art. 64, comma 2 del Reg. Disc. del 1986) legit-
timasse “… la prova scritta della presa d’atto da parte dell’interessato” e ciò
nonostante lo svolgimento del procedimento disciplinare fosse caratterizza-
to dal principio di oralità.
In particolare, secondo la Corte, non è pertinente l’osservazione che il
rifiuto di sottoscrizione, come per la notifica degli atti processuali, non blocca
l’iter, dovendosi dare rilievo alla circostanza che: “nel caso della disciplina mili-
tare, dove è generalizzato l’obbligo di obbedienza all’ordine legittimo del supe-
riore, la diversa scelta legislativa, cui deve ovviamente seguire l’invito a sotto-
scrivere la comunicazione della punizione inflitta, si pone come funzionale
(rispondendo così al requisito di legittimità costituzionalmente imposto, come
giustamente evoca la decisione impugnata) e attinente al servizio, tutelando
anche l’interesse del militare punito, il cui fascicolo personale viene ad introi-
tare l’atto”.
Tale essendo lo stato della giurisprudenza fino al recente passato, la
Prima Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza in data 8 novembre
2017/15 gennaio 2018, n. 1522, ha ritenuto di ribaltare il precedente orienta-
mento.
Si tratta di una decisione che, a nostro avviso e (come a breve si
dirà) ad avviso anche della Corte Militare d’Appello, non può essere con-
divisa.
Nella sentenza di cui trattasi la Suprema Corte, in via preliminare, fa leva
sulla pronuncia della Corte Costituzionale (Ordinanza 5/14 febbraio 2001, n.
39) la quale ha riconosciuto la legittimità del reato di disobbedienza di cui all’art.
173 c.p.m.p., ha osservato che ad essere tutelato non è “un ordine qualsiasi pro-
176