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TRIBUNA DI STORIA MILITARE




                  Nel caso di Dalla Chiesa, dunque, si può parlare di collaboratori e non di
             subordinati, uomini che avevano a cuore il bene dell’istituzione al netto delle
             logiche politiche o di interessi personali. Si trattava di carabinieri che proveni-
             vano dalle compagne in corso di spopolamento soprattutto a causa dell’emigra-
             zione interna dal Sud al Nord durante il cosiddetto “miracolo economico”.
                  Fare il Carabiniere significava accettare uno stile di vita monacale con un
             celibato  di  lungo  periodo,  dall’arruolamento  (generalmente  sui  diciassette-
             diciotto anni) sino al trentaduesimo anno, poi abbassato all’inizio degli anni
             Sessanta a ventotto .
                               (40)
                  In quell’Italia, i Carabinieri continuavano a rappresentare un’istituzio-
             ne solida, capace di affrontare la criminalità e gestire gli aspetti più difficili
             di  un  Paese  martoriato  dalle  calamità  naturali  e  talvolta  di  quelle  causate
             dall’uomo.
                  Dalla  Chiesa  aveva  affrontato  di  tutto,  dal  banditismo  alla  criminalità
             comune nella Milano degli anni Sessanta, dal terrorismo alla criminalità orga-
             nizzata, ma doveva il suo successo a quegli uomini, a quei tanti collaboratori che
             egli aveva trovato lungo il suo percorso e che aveva saputo motivare.
                  Nei lunghi anni di servizio aveva saputo portare al successo i reparti alle
             sue dipendenze, dimostrando cosa sapessero fare quei Carabinieri che venivano
             dalle campagne e che si erano insediati nelle grandi città del Nord in rapida tra-
             sformazione. In realtà, lo aveva attestato in ogni parte d’Italia dove l’Arma lo
             aveva trasferito; lo scontro che si stava accingendo a sostenere come alto rap-
             presentante dello Stato nel capoluogo siciliano avrebbe avuto l’Arma vicina ma,
             probabilmente, sentiva che ciò non bastava.
                  Da prefetto, senza la sua uniforme nera, avrebbe dovuto gestire altre risor-
             se, diverse da quelle tradizionali di cui si era servito con eccellenti risultati per
             il Paese.
                  Il discorso del generale costituisce dunque un ideale passaggio di conse-
             gne tra un protagonista della Storia italiana e le successive generazioni d’ufficiali
             che l’Arma ha accolto al suo interno.
                  Spetta a questi ultimi, principalmente agli ufficiali che ogni anno escono
             dai corsi formativi, trasmettere ai propri collaboratori le parole del generale, per
             garantire quella Democrazia che malavita ed eversione avevano messo in crisi e
             che egli combatté tutta la vita.
                  Solo così, noi tutti Carabinieri potremo garantire che l’opera di chi ci ha
             preceduto non sia stata vana e che il Paese possa continuare a guardare con

             (40)  Virgilio ILARI, Il generale col monocolo - Giovanni de Lorenzo 1907-1973, Ancona, Casa Editrice
                  Nuove Ricerche, 1994, pag. 170.
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