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IL DISCORSO DEL GENERALE CARLO ALBERTO DALLA CHIESA



                       Perché non dovrei avvertire gratitudine per quanti sempre e poi
                  mi  hanno  insegnato,  oltre  che  donato,  oltre  che  dato,  e  perché  non
                  dovrei  considerare  loro,  e  soltanto  loro,  le  vestali  dell’Arma  e  nel
                  tempo avanzano i miei maestri cui rivolgo un deferente memore pen-
                  siero, perché non dovrei dire grazie anche a mio padre per avermi dato
                  la fede e gli alamari. Oggi dico quindi a lui e ai tanti maestri ed a tanti
                  a tutti i collaboratori che a migliaia e a migliaia in questo momento mi
                  si affollano come [incomprensibile] nel tempio, nell’immenso tempio
                  della nostra bandiera, perché non debbo dire loro la mia immensa gra-
                  titudine,  il  mio  grazie  più  convinto.  Qui  non  sarei  e,  qui  tutti  non
                  saremmo, se loro non ci avessero preceduto e non sarebbe onorato,
                  beneaugurato il dovere compiuto. Grazie anche a te mio Comandante,
                  mio ultimo Comandante per quanto hai voluto generosamente dire a
                  voce e scrivere un ordine del giorno che mi riempie di fierezza e di
                  orgoglio. E grazie anche di avermi invitato alla cerimonia di imposizio-
                  ne degli alamari a Chieti. Era la prima volta in quarant’anni. La coinci-
                  denza ha voluto che io affidando gli alamari a un giovane carabiniere
                  con un po’ di enfasi si d’accordo, ma gli potessi dire “è come se ti pas-
                  sassi i miei”. Perché non dirti grazie di avermi consentito di rappresen-
                  tarti a Pastrengo nella cerimonia di quella battaglia, di quella carica, ne
                  sono uscito carico di emozione e di fede. Ancora di fede quella di cui
                  ho bisogno, ho tanto bisogno nell’affrontare la nuova strada. Ma grazie
                  anche di avermi voluto ieri a fianco a Monreale. Ci dovevo essere sì, ma
                  mi è venuto vicino perché era dedicata alla memoria di un capitano
                  medaglia d’oro, alla memoria appunto del capitano Basile, mio vecchio
                  dipendente,  e  quando  stamattina  ho  reso  visita,  omaggio  alla  nostra
                  urna dei forti, alla nostra [incomprensibile], al primo istituto, al massi-
                  mo istituto d’istruzione, davanti a questo centinaio di giovani sottote-
                  nenti, bene, tutto è stato un incalzare di emozioni di fronte alle quali la
                  commozione appare prepotente e quindi dico basta! Ma non senza aver
                  rivolto un caloroso saluto ai commilitoni valorosi dell’Arma in conge-
                  do che ci hanno preceduto su questa stessa strada.






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