Page 13 - Rassegna 2018-2
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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI




                  - soggetti in posizione cosiddetta “subordinata”, tipicamente i prestatori di lavoro
             subordinato, ma anche soggetti esterni alla società, ai quali sia stato affidato un
             incarico da svolgere sotto la direzione e la sorveglianza dei soggetti apicali (art.
             5, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 231/2001), così estendendo di molto gli attori
             che, in mancanza di elementi esimenti, possono fare ricondurre la responsabi-
             lità amministrativa all’ente .
                                      (5)
                  Si segnala l’importanza di identificare se l’Autore del reato ricada nella
             categoria dei soggetti apicali o in quella dei sottoposti, poiché l’appartenenza
             dell’Autore dell’illecito all’una o all’altra delle suddette categorie è decisiva ai
             fini della scelta dei criteri soggettivi d’imputazione applicabili al caso concreto,
             che  sono  stati  opportunamente  diversificati  nelle  due  ipotesi  (artt.  6  e  7,
             Decreto).
                  L’art. 6 del Decreto prevede, infatti, un’inversione dell’onere della prova
             nell’ipotesi in cui l’Autore dell’illecito amministrativo sia un soggetto apicale,
             mentre si seguono le regole del diritto processuale penale nel caso in cui il reato
             venga commesso da un soggetto sottoposto all’altrui direzione. In tale ultima
             ipotesi, infatti, la normativa in esame, nel rispetto del principio di non colpevo-
             lezza sancito dall’art. 27, comma 2, della Costituzione, prevede che l’onere della
             prova gravi su chi intenda dimostrare la responsabilità dell’ente.
                  Ciò detto, occorre però porre in evidenza che la responsabilità della per-
             sona giuridica sorge esclusivamente quale conseguenza della commissione di
             determinate  fattispecie  criminose,  così  come  specificamente  previste  dal
             Decreto e poste in essere materialmente da parte di costoro, ovvero i citati
             “reati presupposto”; i quali delimitano il campo dei reati contemplati dal dispo-
             sitivo in esame. Essi sono gli unici da cui la legge fa discendere la specifica
             responsabilità dell’ente e sono individuati espressamente dagli artt. 24 e seguen-
             ti fino all’art. 25-duodecies, del Decreto. Nella versione proposta originariamente
             dal legislatore, questi erano riconducibili alle ipotesi di indebita percezione di
             erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il consegui-
             mento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un
             ente pubblico, corruzione e concussione: per certi versi è possibile affermare
             che essi non fossero numerosi.
                  Il legislatore con successivi interventi riformatori, ha via via ampliato il

             (5)  L’orientamento dottrinale maggioritario è pacifico nel riconoscere l’estensione della portata
                  dell’art. 5, comma 1, lett. b) - e quindi dell’art. 7, comma 4, lett. b), D.Lgs. n. 231/2001 - anche
                  ai collaboratori esterni, come agenti, fornitori, o altri soggetti - ad esempio, consulenti esterni -
                  aventi rapporti contrattuali con l’ente, nei casi in cui l’attività sia eseguita nell’interesse e/o a
                  vantaggio anche dell’ente e sotto la direzione e il controllo dei rispettivi soggetti apicali e le
                  cui iniziative possano indebitamente avvantaggiare, stante l’illiceità degli atti compiuti, l’ente.
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