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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI



                    ecco allora ripercorrere le varie fasi che vanno dalla decontestualizzazione
               del bene - per mano dei cosiddetti “tombaroli” - fino alla definitiva collocazione
               in allestimenti museali esteri, attraverso l’implacabile passaggio tra i vari sogget-
               ti del mercato clandestino, capaci di “vestire” il bene di una nuova etichettatura
               che ne attesti la “lecita provenienza”, seppure sospetta.
                    Vedremo  come,  grazie  alla  forte  spinta  proveniente  soprattutto  dal
               mondo scientifico, nel clima di una rinnovata visione in materia di valorizza-
               zione e tutela dei beni culturali appartenenti al proprio territorio, si è data sem-
               pre più rilevanza alla deplorevole discrasia etico-culturale riguardante in primis
               l’acquisizione incontrollata ed incontrastata di beni di chiara provenienza ille-
               cita da parte di importanti musei stranieri, la cui scelta di oggetti d’antichità,
               fino a poco tempo addietro, era dettata da un approccio preminentemente di
               tipo estetico, avente quale obiettivo primario l’esaltazione del “gioiello antico”,
               pur presentandolo avulso dall’imprescindibile messaggio culturale a cui esso è
               votato.
                    Da qui la spinta, soprattutto da parte dell’Italia - divenuta “modello” in
               materia di tutela del patrimonio culturale - verso normative internazionali ed
               accordi bilaterali volti ad imporre maggiore rigorosità alla politica di acquisizio-
               ne dei beni: primo tra tutti l’accordo unesco firmato a parigi nel 1970.
                    la necessità di giungere alle tanto agognate restituzioni di reperti archeo-
               logici da parte di rinomati musei statunitensi - impensabile fino agli ’90 - ha por-
               tato gli addetti ai lavori ad attuare l’alternativo percorso del doppio canale diplo-
               matico-giudiziario, sostenuto da una politica sempre più impegnata in relazioni
               internazionali, tendenti al recupero di quei beni la cui uscita illecita dal territorio
               nazionale è stata di volta in volta ampiamente e puntualmente accertata e docu-
               mentata dalla decennale attività info-investigativo condotta dai carabinieri del
               comando tutela patrimonio culturale - primo reparto di polizia al mondo
               dotato  di  tali  specifiche  attribuzioni  -  di  concerto  con  la  magistratura  e
               l’avvocatura dello stato.
                    si giunge così ad importantissime azioni di recupero di reperti archeolo-
               gici che prevedono, in cambio della restituzione dei beni all’Italia, l’instaurarsi
               di interscambi culturali, con prestiti di opere di pari rilevanza ai musei che si
               sono “ravveduti”.

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