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CARABINIERI DA RICORDARE
La sUa vita Per La Patria
Il piccolo presidio
(10 settemBre 1937)
E, purtroppo, fu proprio in quello stesso frangente sto-
rico (maggio-giugno 1937) che ebbe inizio la ribellione si difese ad oltranza
dell’Amhara, fomentata da «agenti propagandistici stra-
un suo interessantissimo articolo. «Deposte le armi – ri- e con grande valore,
nieri» come ebbe a ricordare il Magg. Giovanni Celi, in
corda l’ufficiale – per procedere alacremente alla realizza-
zione del nuovo ordinamento e disperdere le tracce di quello tanto che
che era stato un governo primitivo, ogni regione fu orien-
tata secondo le nostre leggi e le nostre istituzioni e, pur ri- «…esaurite le
spettando – necessariamente – usi e consuetudini dei
nativi nonché religioni e tradizioni, l’azione di ognuno si
rivolse alla prosperità di quella terra in un clima di pace, munizioni e dopo
di attrazione e di benessere». La rivolta dell’Amhara e, in
particolare, quella che interessò la regione del Beghe- un’epica lotta, fecero
meder è stata dettagliatamente ricordata dalla storica
Federica Saini Fasanotti, la quale evidenzia come il ful- olocausto della
cro della medesima «erano le terre aspre e montuose solcate
dal fiume Tacazzè», luoghi dove ebbero inizio i primi
scontri, esattamente il 24 agosto ’37, allorquando i ribelli propria vita all’ombra
attaccarono una Colonna italiana, la “Nobile”, composta
da due Compagnie del XXV Battaglione e da una del Tricolore»
banda musulmana, agli ordini del Capitano Nobile. Eb-
bene, nel ricostruire l’eccidio di Arbì Ghebià, ove
avrebbe trovato morte gloriosa anche il nostro Briga-
diere Mairo, la storica – che erroneamente riporta la
data del 15 settembre, anziché quella del 10 settembre
– ricorda che in quella circostanza: «…la vice residenza munizioni e dopo un’epica lotta, fecero olocausto della pro-
di Arbì Ghebià, nel Gaint, veniva attaccata da un grosso pria vita all’ombra del Tricolore», come ricorda il Celi e
contingente di armati che avevano il sopravvento sulle così come immortalò il pittore De Vita in un suo cele-
truppe italiane: le notizie, ancora incerte, riferivano che il bre disegno a colori. Il sacrificio dell’avamposto italiano
capo del fortino al momento dell’attacco si era dato alla non risparmiò ovviamente la piccola Stazione dei Ca-
macchia, che il combattimento era stato “accanitissimo” e che rabinieri Reali, i cui componenti trovarono morte glo-
erano morti il capitano Raimondo, il capomanipolo Ma- riosa assieme al proprio comandante, per l’appunto il
riotti, un brigadiere, due carabinieri e otto zaptiè» . Il pic- Brigadiere Antonio Mairo. I loro nomi rispondono a
colo presidio, al comando del valoroso Capitano di quelli dei Carabinieri Giovanni Pazzaglia, originario
Fanteria Domenico Raimondo, composto, come s’è di Montemonaco (Ascoli Piceno) e Luigi Medda, ori-
compreso, sia da elementi nazioni che coloniali, si difese ginario di Iglesias, così come a quello dello Zaptiè
ad oltranza e con grande valore, tanto che «…esaurite le Eman Gherenchiel, tutti successivamente decorati al
NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 4 ANNO VII 67