Page 66 - Notiziario 2020-5
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CARABINIERI DA RICORDARE
IL «MARTIRIO DELLA CIRENAICA»
L’OCCUPAZIONE BRITANNICA NEL 1941 E NEL 1942
Le violenze dei libici e delle truppe di occupazione contro gli italiani dai rapporti delle Autorità, di un Procuratore
del Re Imperatore, dalle memorie di chi le ha vissute (da Che cosa hanno fatto gli inglesi in Cirenaica, a cura del
Ministero della Cultura Popolare, Tip. SELI, Roma, luglio 1941)…
Città Spogliate - «Sia a Bengasi che a Barce e a Derna, vi erano soprattutto truppe australiane e qualche battaglione
indiano, pur non mancando qualche reparto regolare inglese, così come vi erano numerosissimi ufficiali inglesi che comandavano
le truppe australiane, neo-zelandesi e indiane. Indistintamente tutti sono stati dei ladri, degli assassini, del bruti, del
mascalzoni e non hanno mai rispettato le convenzioni internazionali della Croce Rossa. Bengasi, Barce, Derna, sono state
spogliate. […]. Perfino i lampioni del Lungomare di Bengasi sono stati tolti e trasportati in Egitto. […]. quasi tutte le notti
inglesi e australiani ubriachi fradici si recavano ai nostri ospedali anche nelle corsie ove erano ricoverati i feriti dando luogo
a scene disgustose. La polizia inglese, avvisata dai nostri medici, si rifiutava sempre di intervenire».
Gli australiani devastano gli ambulatori - Scriveva il 26 aprile 1941 l’ufficiale sanitario di Bengasi, Angelo Natali, al
Vice Governatore a Tripoli per denunciare: «...da parte di soldati australiani sono stato derubato dalla mia macchina
Balilla [che] è stata vista circolare per le vie di Bengasi guidata da ufficiali inglesi di aviazione. Tutti gli ambulatori
municipali sono stati, per due volte, scassinati e sono stati asportati tutti gli apparecchi e tutto l’armamentario chirurgico da
parte di australiani visti dagli abitanti delle vicine case. Tutto il corredo lettereccio e dei posti di medicazione del lazzaretto è
stato caricato sul camion da australiani e portato via».
Gli inglesi liberano i ladri - Da una relazione del Procuratore Generale del Re Imperatore in Libia, Alfonso Aroca:
«La Polizia inglese, procedendo ad una sommaria istruzione del processi pendenti, senza curarsi di accertare di quali elementi
l’Autorità Giudiziaria Italiana era in possesso nei confronti dei detenuti nella carceri, procedeva ad una serie di giudizi
esauritisi con il proscioglimento di tutti i detenuti [...]. Peggiore comportamento tennero al riguardo le autorità inglesi di
Barce, in quanto esse, riuniti tutti gli arrestati per saccheggio nella sala di udienza di quella Sezione Giudiziaria e fatto
intervenire il Giudice della Sezione stessa, Mazzarella, il quale riteneva di essere convocato per esercitare il suo ministero,
ordinavano senz’altro la liberazione di tutti gli arrestati ricevendo applausi dei colpevoli...... Sottratta dunque l’amministrazione
della giustizia penale ai nostri magistrati ed abolite le funzioni del Pubblico Ministero esercitate dal Procuratore del Re
Imperatore tale ramo della giustizia veniva esercitato dagli ufficiali addetti all’ufficio della Polizia civile [che] applicavano
pene di loro arbitrio […] evidentemente preoccupati solo di farsi propaganda di generosità nell’elemento indigeno, e
procedendo a numerosissime ingiuste assoluzioni seguite da un fervorino esaltante la clemenza di S.M. Britannica, cui faceva
eco l’indecoroso applauso dei ladri e degli oltraggiatori di nostri organi di polizia...... Senza riandare a tutti i vandalismi, le
barbarie e le stupidità commesse dalla soldataglia nemica…».
Dall’inchiesta compiuta dal Governatorato Generale della Libia - «Il giorno 8 febbraio parecchi australiani si
ubriacarono nella spaccio del villaggio [“Berta”, ndr] e cercarono poi di agguantare le due figliole dello spaccista. Intervenne
il brigadiere del RR.CC. che riuscì a liberare le due ragazze, ma fu egli stesso malmenato e portato in caserma e ivi trattenuto
tutta la notte».
Una lettera - Il 14 maggio 1941 da Bengasi tale Salvatore Ajello scriveva una lettera a un conoscente a Genova
riferendo: «… qui nei due mesi di occupazione inglese ne abbiamo visto [sic] di tutti i colori, gli australiani, quasi sempre
ubriachi e ladroni ci tenevano sempre in orgasmo, la vita ci era diventata impossibile, le porte dei negozi e delle abitazioni, in
gran parte murate, davano alla città l’aspetto di un gran cimitero. Quello che conforta alquanto a noi italiani era la presenza
di pochi nostri carabinieri e guardie dell’Africa Italiana che per quanto resi impotenti dalla tracotanza nemica ci davano
l’illusione di essere protetti. […] Di fronte alla grande gioia provata per il ritorno delle nostre truppe, le sofferenze passate
diventano nulla; l’avvenimento per noi è stato così grande da farci dimenticare le amarezze passate».
66 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 5 ANNO V