Page 67 - Notiziario 2020-5
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CARABINIERI DA RICORDARE









           …e dalle memorie di un ufficiale dell’Arma che ha riferito anche dell'identificazione e la denuncia in stato di libertà
           degli assassini latitanti del Carabiniere Sebastiano Chisu.



           Il Capitano Vincenzo Sapora reggeva il comando della Compagnia dei Carabinieri Reali in Barce durante il
           periodo bellico. Barce, come Bengasi e gli altri insediamenti della Cirenaica, era passata di mano più volte tra
           italo-tedeschi e britannici e nei periodi di transizione era caduta nel vortice delle violenze scatenate prima da
           singoli o da bande di libici armati e poi, durante il dominio nemico, anche da militari del corpo d’occupazione.
           Libici, inglesi e altri militari del Commonwealth, soprattutto australiani, si erano abbandonati a commettere
           omicidi e ferimenti a scopo di furto o rapina, estorsioni, razzie, soprusi e violenze.
           Il personale delle Stazioni dell’Arma era rimasto sul posto, comandato di servizio o per decisione volontaria, per
           continuare a garantire l’ordine e la sicurezza pubblica. Difficilissimo era risultato arginare l’azione delittuosa e
           criminale  dei  libici  contro  i  coloni  italiani,  ma  le  violenze  non  si  erano  fermate  neppure  di  fronte  ad  altri
           indigeni, perpetrate ora per vendette personali ora per furti e razzie specialmente di bestiame.
           Nella seconda metà del 1942 il Capitano Sapora ha inviato al Gruppo di Bengasi un’ampia relazione sull’attività
           dell’Arma svolta in Barce dal 4 febbraio al 31 agosto 1942, oltre ai Diari Storici, in cui ha reso in modo sintetico,
           chiaro e preciso la situazione al momento del rientro al seguito delle forze italo-tedesche.
           Ecco  alcuni  passi,  tratti  dal  citato  rapporto:  «La  bufera  dei  delitti  […]  commessi  dagli  arabi  contro  i  nostri
           connazionali  durante  questa  seconda  occupazione  nemica  della  Cirenaica,  sembra  aver  fiaccato  la  volontà  e  la
           resistenza dei coloni e dei pochi civili ch’erano qui rimasti. Essi erano tutti concentrati ai villaggi o in Barce e tutti
           apparivano ancora terrorizzati mentre nella precedente rioccupazione fu un esplodere di entusiasmo, un rifiorire di
           gaiezza, questa volta il nostro ritorno fu accolto solo come una liberazione da un incubo […]. Nessuno si preoccupava
           più della guerra che pur sovrastava con tutto il suo peso; il pensiero dominante, unico, era la visione ancora viva delle
           devastazioni e del sangue fatto scorrere dagli arabi, di quasi non v’era più traccia. Era evidente che questi ultimi
           sapendo di avere oltrepassato ogni misura nelle malefatte, si erano allontanati, temendo la inevitabile resa dei conti.
           Infatti, qualcuno dei pochi fedeli, rimasto così ebbe ad esprimere con me: “Se il Governo vorrà risparmiare, dopo tutto
           quello che è successo, i nostri bambini, bisogna riconoscere che è generoso”». La vita paralizzata, le strade deserte, negozi
           chiusi, le case devastate, aumentavano il senso di vuoto e di sciagure […]. Molte erano le persone che portavano segni
           di lutti […]. Sul viso di ognuno si leggeva una sofferenza fisica e morale che durava dalla nostra partenza e da ogni
           parte non si chiedeva che [giustizia].
           Il 7 luglio 1942, l’Arma di Barce denuncia al Tribunale, in istato di latitanza il libico Attia Ben Shamek responsabile
           di omicidio a scopo di rapina del nazionale Togni Tito, di rapina in danno del colono Bosco Luigi, porto d’arma da
           guerra, delitti commessi in agro di Barce, in concorso con correligionari rimasti sconosciuti il 21 dicembre 1941. (processo
           in istruttoria). [...].  Il 5 agosto 1942, l’Arma di Barce denuncia a piede libero perché latitanti i nativi: Banamed
           Mohamed, d’anni 23, cab. Misamir, (ex carabiniere libico), Brahim Sala, d’anni 21, cab. Orfa Tosch, Mumen Kaled,
           d’anni 45, cab. Misamir, autori di duplice omicidio in persona dei carabinieri nazionali Chisu Sebastiano e Selloni
           Pietro, delitto consumato nel gennaio 1942 in Sleaia (Barce)processo in istruttoria».
           Dal  Diario  Storico  del  mese  di  agosto  del  1942:  «5.8.1942  –  L’Arma  di  Barce  denuncia  a  piede  libero  perché
           latitanti, tre nativi per duplice omicidio aggravato in danno dei C/ri CHISU Sebastiano e SELLONI Pietro, commesso
           nel Gennaio 1942 nei pressi di Sleaia (Barce). Uno degli assassini è carabiniere libico, cui i commilitoni nazionali eransi
           affidati per essere celati alla polizia inglese che, durante la sua breve dominazione, li ricercava per trarli prigionieri».






                                                                      NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 5 ANNO V  67
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