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CARABINIERI DA RICORDARE
…e dalle memorie di un ufficiale dell’Arma che ha riferito anche dell'identificazione e la denuncia in stato di libertà
degli assassini latitanti del Carabiniere Sebastiano Chisu.
Il Capitano Vincenzo Sapora reggeva il comando della Compagnia dei Carabinieri Reali in Barce durante il
periodo bellico. Barce, come Bengasi e gli altri insediamenti della Cirenaica, era passata di mano più volte tra
italo-tedeschi e britannici e nei periodi di transizione era caduta nel vortice delle violenze scatenate prima da
singoli o da bande di libici armati e poi, durante il dominio nemico, anche da militari del corpo d’occupazione.
Libici, inglesi e altri militari del Commonwealth, soprattutto australiani, si erano abbandonati a commettere
omicidi e ferimenti a scopo di furto o rapina, estorsioni, razzie, soprusi e violenze.
Il personale delle Stazioni dell’Arma era rimasto sul posto, comandato di servizio o per decisione volontaria, per
continuare a garantire l’ordine e la sicurezza pubblica. Difficilissimo era risultato arginare l’azione delittuosa e
criminale dei libici contro i coloni italiani, ma le violenze non si erano fermate neppure di fronte ad altri
indigeni, perpetrate ora per vendette personali ora per furti e razzie specialmente di bestiame.
Nella seconda metà del 1942 il Capitano Sapora ha inviato al Gruppo di Bengasi un’ampia relazione sull’attività
dell’Arma svolta in Barce dal 4 febbraio al 31 agosto 1942, oltre ai Diari Storici, in cui ha reso in modo sintetico,
chiaro e preciso la situazione al momento del rientro al seguito delle forze italo-tedesche.
Ecco alcuni passi, tratti dal citato rapporto: «La bufera dei delitti […] commessi dagli arabi contro i nostri
connazionali durante questa seconda occupazione nemica della Cirenaica, sembra aver fiaccato la volontà e la
resistenza dei coloni e dei pochi civili ch’erano qui rimasti. Essi erano tutti concentrati ai villaggi o in Barce e tutti
apparivano ancora terrorizzati mentre nella precedente rioccupazione fu un esplodere di entusiasmo, un rifiorire di
gaiezza, questa volta il nostro ritorno fu accolto solo come una liberazione da un incubo […]. Nessuno si preoccupava
più della guerra che pur sovrastava con tutto il suo peso; il pensiero dominante, unico, era la visione ancora viva delle
devastazioni e del sangue fatto scorrere dagli arabi, di quasi non v’era più traccia. Era evidente che questi ultimi
sapendo di avere oltrepassato ogni misura nelle malefatte, si erano allontanati, temendo la inevitabile resa dei conti.
Infatti, qualcuno dei pochi fedeli, rimasto così ebbe ad esprimere con me: “Se il Governo vorrà risparmiare, dopo tutto
quello che è successo, i nostri bambini, bisogna riconoscere che è generoso”». La vita paralizzata, le strade deserte, negozi
chiusi, le case devastate, aumentavano il senso di vuoto e di sciagure […]. Molte erano le persone che portavano segni
di lutti […]. Sul viso di ognuno si leggeva una sofferenza fisica e morale che durava dalla nostra partenza e da ogni
parte non si chiedeva che [giustizia].
Il 7 luglio 1942, l’Arma di Barce denuncia al Tribunale, in istato di latitanza il libico Attia Ben Shamek responsabile
di omicidio a scopo di rapina del nazionale Togni Tito, di rapina in danno del colono Bosco Luigi, porto d’arma da
guerra, delitti commessi in agro di Barce, in concorso con correligionari rimasti sconosciuti il 21 dicembre 1941. (processo
in istruttoria). [...]. Il 5 agosto 1942, l’Arma di Barce denuncia a piede libero perché latitanti i nativi: Banamed
Mohamed, d’anni 23, cab. Misamir, (ex carabiniere libico), Brahim Sala, d’anni 21, cab. Orfa Tosch, Mumen Kaled,
d’anni 45, cab. Misamir, autori di duplice omicidio in persona dei carabinieri nazionali Chisu Sebastiano e Selloni
Pietro, delitto consumato nel gennaio 1942 in Sleaia (Barce)processo in istruttoria».
Dal Diario Storico del mese di agosto del 1942: «5.8.1942 – L’Arma di Barce denuncia a piede libero perché
latitanti, tre nativi per duplice omicidio aggravato in danno dei C/ri CHISU Sebastiano e SELLONI Pietro, commesso
nel Gennaio 1942 nei pressi di Sleaia (Barce). Uno degli assassini è carabiniere libico, cui i commilitoni nazionali eransi
affidati per essere celati alla polizia inglese che, durante la sua breve dominazione, li ricercava per trarli prigionieri».
NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 5 ANNO V 67