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CRONACHE DI IERI




                                          LE AGGRAVANTI PER I DELITTI COMMESSI PROFITTANDO
                                         DELLE CIRCOSTANTI DIPENDENTI DALLO STATO DI GUERRA
                                     - Le Leggi 16 giugno 1940, n. 582 e 29 novembre 1940, n. 1774 -



                    Il 16 giugno 1940, dopo soltanto sei giorni dall’ingresso nel conflitto e in ragione di questo, il
                    Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni approvarono la legge recante “Norme per
                    l’aggravamento delle pene riguardo ai delitti commessi profittando delle circostanze dipendenti dallo
                    stato di guerra”. L’articolo 1 recitava: “Quando la circostanza aggravante preveduta dall’articolo
                    61, n. 5 del Codice penale ricorra in dipendenza dello stato di guerra: a) per i delitti di violenza
                    carnale (articolo 519), di omicidio (articolo 575), di rapina (articolo 628), di estorsione (articolo
                    629) e per tutti i delitti punibili con la pena dell’ergastolo si applica la pena di morte; b) per ogni altro
                    delitto  la  pena  stabilita  dalla  legge  è  raddoppiata”.  L’articolo  2  invece  indicava  quale  fosse  il
                    tribunale  competente  a  giudicare  ed  ecco:  “La  cognizione  dei  delitti  di  cui  alla  lettera  a)
                    dell’articolo  precedente  spetta  al Tribunale  Speciale  per  la  difesa  dello  Stato.  Per  gli  altri  delitti
                    preveduti nella lettera b) dello stesso articolo la competenza spetta al Tribunale ordinario e si procede
                    a  giudizio  direttissimo”.  In  base  all’ultimo  articolo  questa  legge,  controfirmata  da  Benito
                    Mussolini,  in  qualità  di  Capo  del  Governo,  e  dall’on.  Dino  Grandi,  Ministro  guardasigilli,
                    entrò in vigore il 18 giugno 1940, ovvero il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta
                    Ufficiale del Regno d’Italia (n. 142 del 18 giugno 1940).
                    È in base a questa legge, dunque, che ad Avellino si era insediato il Tribunale speciale per la
                    difesa dello Stato (organo giurisdizionale istituito nel 1926 con una delle cd. leggi fascistissime),
                    per  giudicare  gli  imputati  del  tentato  furto  con  scasso  al  negozio  di  Maria  Mignone  e
                    dell’omicidio dei Carabinieri Formisano e Posillipo. Il collegio giudicante, presieduto dal Luo-
                    gotenente  Generale  della  Milizia  Antonino  Tringali-Casanuova,  era  costituito  dai  giudici
                    Nicola  Leonardi,  Giorgio  Suppiej,  Michele  Calia,  Alessandro  Alvisi  e  Mario  Vadani,  tutti
                    Consoli  della  Milizia,  mentre  l’incarico  di  giudice  relatore  era  espletato  dal  procuratore
                    militare Giovanni Presti. Nella sentenza il riferimento normativo, poiché operante combinatamente
                    al codice penale, venne espressamente richiamato e il precetto più volte citato, forse proprio per
                    rimarcare la gravità del fatto e l’esecrabilità del delitto consumato nei confronti di due tutori
                    dell’ordine durante un cruciale momento cui era appunto lo stato di guerra, nel quale più che
                    mai si esigeva dalla popolazione una ligia disciplina, ma soprattutto una chiara coscienza al
                    rispetto delle leggi.
                    Sempre del 1940 è l’approvazione della Legge n. 1774 recante “Aggravamento delle pene per
                    reati militari commessi profittando di circostanze attinenti allo stato di guerra” che prevedeva, in
                    analogia all’ambito penale comune, la particolare circostanza aggravante per “i reati di omicidio,
                    stupro violento, atti di libidine violenti, rapina, grassazione, rispettivamente preveduti dagli articoli
                    254,  270,  273,  274  del  Codice  penale  per  l’esercito  e  corrispondenti  del  Codice  penale  militare
                    marittimo, dovunque commessi da militari, ovvero, nel territorio dichiarato in stato di guerra” (Art.1)
                    dalle persone indicate negli articoli 545 e 598 dei rispettivi codici penali per le forze armate di
                    terra e del mare. All’articolo 3 il Legislatore aveva previsto che la cognizione dei reati, in ogni
                    caso,  sarebbe  appartenuta  alla  giurisdizione  militare  e  all’articolo  4  che  la  norma  sarebbe
                    entrata in vigore immediatamente il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
                    del Regno d’Italia (G.U.  n.  8  dell’11  gennaio  1941).  Questa  norma  venne  recepita  ed  ebbe
                    vigore anche nei territori coloniali africani.





                                                                     NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 5 ANNO IV  65
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