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CURIOSANDO NEL MUSEO DELL’ARMA
NELLA PAGINA PRECEDENTE, “I CARABINIERI SUL PODGORA”
BOZZETTO DI LIVIO APOLLONI (MUSEO STORICO).
A DESTRA, LA CORAZZA CORSI, ESPOSTA
NELLA SALA DELLA GRANDE GUERRA DEL MUSEO
STORICO DI PIAZZA DEL RISORGIMENTO, A ROMA
di utilizzo dei blindati costringeva i soldati a procedere
e combattere ancora alla “vecchia maniera”. Alcuni
militari trasformavano le gavette e altri oggetti in ru-
dimentali campanacci che venivano appesi ai fili di
ferro come segnalatori acustici. Questo espediente
consentiva, soprattutto di notte, quando la vista era
inficiata dal buio, di accorgersi dell’eventuale presenza
del nemico. Il tenente di cavalleria Graziani ricorda
“(…) i nostri hanno continuato ad avanzare, strisciando,
sono arrivati sotto il reticolato, si sono rannicchiati (…) le
pinze hanno cominciato a funzionare, ma un improvviso
tintinnio di campanelli ha interrotto quel lavoro che voleva
essere silenzioso e, improvvisamente tutto il rotondo
trincerone si è acceso di fiamme ed ha vomitato una
tempesta di ferro(…)”.
Per la difesa individuale dei soldati delle “compagnie
della morte”, incaricati di avanzare e tranciare il filo
spinato delle trincee nemiche, il Regio Esercito Italiano
aveva iniziato a distribuire corazze in acciaio. Progettate
dall’ing. Ferruccio Farina da cui prendevano il nome, le
corazze “Farina” erano costituite da due piastre a forma
di trapezio, una anteriore e una posteriore, composte
ciascuna da cinque placche in lamiera d'acciaio, legger-
mente incurvate verso i fianchi, e da due paraspalle
mobili. La corazza veniva tenuta ferma da due bretelle,
che il soldato incrociava dietro la schiena e annodava
sul davanti. Era dotata anche di un elmo a calotta in sparati anche da una distanza di 80/100 metri, rispetto
acciaio con soggolo, di peso variabile da 1,6 a 2,8 chili ai 125 metri garantiti dalla vecchia armatura. Formata
a seconda della taglia, che veniva indossato sopra il da lamine di acciaio al nichel/cromo snodate, si adattava
berretto di stoffa o con una speciale cuffia imbottita. al corpo del soldato e poteva essere indossata sotto la
Gli strati ferrosi che componevano la corazza Farina giubba della divisa. La corazza, per la sua riconosciuta
arrivavano a pesare più di 9 chili e garantivano protezione utilità, veniva spesso acquistata anche privatamente
solo al busto e alla testa del militare per proiettili dagli stessi soldati.
sparati da una distanza non inferiore ai 125 metri. Nonostante le armature, il coraggio e l’ardimento, tan-
Nella sala della Grande Guerra del Museo Storico è tissime volte, quei giovani soldati incaricati di aprire la
custodita invece una corazza modello “Corsi”, progettata strada ai loro commilitoni, rimasero per sempre intrap-
sempre dal Farina, ma che ebbe maggior successo del polati in quelle mortali tele di ragno, tessute dal nemico
modello sopra descritto. La caratteristica di questa con il filo spinato.
corazza era quella di riuscire a sopportare proiettili Daniele Mancinelli
NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 4 ANNO III 91