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CURIOSANDO NEL MUSEO DELL’ARMA






            della morte” ed erano formate sia da volontari che da
            militari comandati.
            Aurelio  Barruzzi,  tenente  di  fanteria,  appuntava  nei
            suoi scritti “... ed è stato così che la fanteria, lanciandosi al-
            l’attacco, disperatamente cercava in mezzo al reticolato un
            varco  che  non  trovava  mai  aperto,  sotto  lo  sventagliare
            delle  mitragliatrici  che  seminavano  tra  i  suoi  ranghi
            numerosi  morti  e  feriti,  lasciando  su  quel  terribile  filo
            spinato il fior fiore dei suoi uomini…”.
            Sicuramente non era un compito adatto a tutti: bisognava
            possedere grande coraggio e saldezza di nervi. Immaginare
            questi uomini accovacciati a tagliare reticolati mentre
            una  pioggia  di  colpi  di  mitragliatrice  Schwarzlose
            cadeva violentemente sull’acciaio dei loro scudi, larghi
            solo poche decine di centimetri, può forse farci com-
            prendere  di  quale  audacia  e  valore  dovevano  essere
            forniti i combattenti.
            Uno sviluppo costruttivo dei reticolati si ebbe nella se-
            conda metà del conflitto. Con l’affinarsi dell’efficacia
            delle tronchesi (in effetti i primi dispositivi taglia filo
            non erano molto efficienti), i fili arrivarono a misurare
            spessori di un centimetro, veri e propri cavi da traino.
            La complessità del groviglio era articolato in una distesa
            infinita di cavalli di frisia, di pali in calcestruzzo e di
            paletti  in  ferro  (detti  “a  coda  di  porco”)  avvitati  nel
            terreno; una vigna di ferro che si stendeva per chilometri
            e nascondeva micidiali trappole come le grandi tagliole
            che si usavano per la caccia agli orsi (dette “bocche di
            lupo”) o come gli “istrici”, particolari tipi di aculei.
            Alcuni di questi esemplari di pinze taglia filo, sia di

                                                                        PALO TENDIFILO “A CODA DI PORCO” (MUSEO STORICO).
                                                                             NELLA FOTO IN BASSO UN CAMMINAMENTO
                                                                             DELIMITATO DA RETICOLATI DI FILO SPINATO

                                                                    fabbricazione italiana che austriaca, si possono incontrare
                                                                    visitando la sala della Grande Guerra del Museo Storico
                                                                    dell’Arma  dei  Carabinieri,  ove  è  anche  custodito  un
                                                                    esemplare  di  palo  tendifilo  a “coda  di  porco”,  che  si
                                                                    erge  da  un  blocco  di  calcestruzzo  e  che,  soltanto  a
                                                                    guardarlo, ancora oggi incute un certo timore.
                                                                    Sul  fronte  occidentale,  quello  francese,  i  reticolati
                                                                    vennero in parte sovrastati dai mezzi blindati (soprattutto
                                                                    inglesi) che, proprio su questo fronte, hanno avuto il
                                                                    loro  battesimo  del  fuoco.  Sui  fronti  montani  invece,
                                                                    come erano prevalentemente quelli italiani, l’impossibilità



                                                                      NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 4 ANNO III  89
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