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CRONACHE DI IERI
massacrati e sostituiti da coloro i quali, da capi-po- Si scontra una
polo, si erano fatti assertori della riforma. Il Di Caro, seconda volta con la
come abbiamo detto innanzi, fu per la riforma. Infatti mafia a Villalba, in
egli adunati tutti i mafiosi che godevano ascendente
sulla massa dei gregari, con essi stabilì i principi in- provincia di
formatori della nuova organizzazione. Ciò alla fine Caltanissetta, dove,
del 1918.” tra il 1924 e il 1925,
Una volta attuata la “riforma”, Di Caro crea un triun- al comando della
virato di cui comunque lui è il dirigente. Di Caro,
come spiega Bordonaro nel suo processo verbale, di- locale stazione,
venta così “uno dei più temuti esponenti della mafia raccoglie
che, attraverso il delitto, si era portato da pastore a
feudatario e da garzone ad arbitro della vita e degli informazioni su
averi dei cittadini”. Non è facile per il maresciallo af- molti delinquenti e
frontare questo “rappresentante” che si dimostra un
nemico molto ostico e pericoloso. Tramite le sue in- mafiosi, tra cui
dagini Bordonaro si rende inoltre conto che la mafia spicca il nome del
contro cui si sta battendo è molto ben organizzata. potente capo mafia
Per entrarne a far parte non è necessario un giura-
mento, Bordonaro riporta che: don Calogero
“Chi voleva entrare nell'associazione doveva sempli- Vizzini
cemente dimostrare di essere in possesso di tutte le ca-
ratteristiche del mafioso. Capacità a delinquere, “I migliori, coloro che tra i gregari si distinguevano
pacatezza d'animo, omertà garantita dalla mancanza per capacità a delinquere, per omertà e per educa-
di abitudine all'alcool o mascherata da un'ostentata zione esteriore, sarebbero stati elevati al grado di
educazione nel modo di porgere con le persone con le campiere. Coloro invece che per la loro condotta in-
quali per qualsiasi motivo si veniva a contatto. Per la disciplinata offendevano o compromettevano l'esi-
capacità a delinquere e la pacatezza d'animo, l'aspi- stenza dell'associazione, sarebbero stati senz'altro
rante doveva sottoporsi alla consumazione di un de-
litto (rapina od omicidio) unitamente a delle persone
che venivano misteriosamente designate ad hoc [...].
Per gli altri requisiti venivano assunte informazioni”.
Per governare bene, i capi pretendono una ferrea di-
sciplina dai loro sottoposti. Ogni consociato è tenuto
a una cieca ubbidienza nei confronti dei suoi capi, al
reciproco rispetto e alla solidarietà verso gli altri con-
sociati e, infine, all'omertà. Chi sgarra è soggetto a
consigli di disciplina o a tribunali interni.
Chi invece rispetta le regole, come racconta Bordo-
naro, può sperare di fare carriera nella mafia:
NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 3 ANNO II 25