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L’agricoltura italiana, la globalizzazione e la necessità di nuovi modelli di sviluppo


            bene di primaria importanza, non è, tuttavia, decisivo per molte delle
            produzioni per le quali il nostro sistema agroalimentare è conosciuto
            ed apprezzato nel mondo. Di fronte alle prospettive di una crescente
            liberalizzazione degli scambi, l’agricoltura italiana ha, infatti, due alter-
            native: o riesce ad essere competitiva sul piano dei costi di produzione
            su un mercato di dimensioni mondiali; oppure riesce a valorizzare le
            produzioni e le situazioni per le quali già adesso gode di un vantaggio
            comparato e sulle quali può puntare per cogliere le opportunità rappre-
            sentate dall’apertura di nuovi orizzonti di mercato. In ogni caso, al fine
            di meglio comprendere le reali possibilità di adeguamento della nostra
            agricoltura diviene indispensabile avere coscienza non solo di quelle
            che potranno essere le prospettive di sviluppo, ma anche di quelli che
            sono i vincoli strutturali che, tradizionalmente, la condizionano. La
            nostra agricoltura è, infatti, caratterizzata da numerosi aspetti di indub-
            bia fragilità strutturale che, sebbene possano essere considerati l’effet-
            to di scelte politiche del passato, continuano, tuttavia, a porla in una
            situazione di evidente svantaggio rispetto a quelle degli altri Paesi euro-
            pei nostri principali concorrenti. In particolare, la ridotta dimensione
            delle aziende agricole e l’elevata età media degli agricoltori, continuano
            a rappresentare una pesante ipoteca per il futuro della nostra agricoltu-
            ra. A questo riguardo, si consideri che, in termini di disponibilità di
            superficie agricola utilizzata, le aziende agricole italiane sono, in media,
            le più piccole (poco più di 5 ettari) dopo quelle greche e che, dei quasi
            due milioni di aziende risultanti dall’ultima indagine strutturale condot-
            ta dall’ISTAT, nel 2003, il 77% aveva meno di 5 ettari, mentre nello
            stesso periodo, nella UE a 15, le aziende al di sotto di tale ampiezza
            erano, in media, il 58%. A ciò si aggiunga che il 71% delle nostre azien-
            de agricole è situato in aree collinari (52%) e montane (19%), ossia in
            condizioni ambientali che, di fatto, tendono ad accentuare gli svantag-
            gi derivanti dai suddetti caratteri strutturali. Per quanto riguarda, infine,
            gli aspetti anagrafici, non si potrà non considerare che la nostra agricol-
            tura è, dopo quella portoghese, la più “vecchia” d’Europa, avendo
            appena il 5% di agricoltori in età inferiore ai 35 anni e, addirittura, il   .3
            39% con più di 65 anni.                                                      oI-n
               È evidente che situazioni di questo tipo condizionano negativamen-        n
                                                                                         n
                                                                                         A
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