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La proprietà forestale


                  Il bosco è produttore di beni, a fecondità ripetuta, solo se viene
               rispettato nella sua integrità ecosistemica, se cioè il prelievo forestale
               avviene esclusivamente sugli  interessi, rappresentati dagli incrementi
               legnosi, e mai sul  capitale, ovverosia sulla provvigione legnosa.
               Diversamente, nel volgere di pochi anni, si va all’involuzione, regressio-
               ne, distruzione della foresta.
                  Si è mai riflettuto abbastanza sugli alti, onerosi costi che le comuni-
               tà nazionali devono sostenere a posteriori, dopo il verificarsi di eventi
               calamitosi, provocati direttamente o come concausa, dalla distruzione
               della copertura arborea?
                   Il potersi garantire, in via preventiva, con una oculata, lungimirante
               politica di salvaguardia ambientale e forestale, contro tali ipotesi di
               danno, per altro poi di fatto frequentemente ricorrenti, non è forse
               l’equivalente di una economica capitalizzazione di ricchezza?
                  I criteri di valutazione dei benefici indiretti spillovers del bosco, pre-
               sentano forti limiti in quanto il valore sociale della foresta e la sua ester-
               nalità sono solo parzialmente e approssimativamente considerati, quan-
               do non del tutto trascurati, dal sistema dei prezzi di riferimento. Il valo-
               re del materiale legnoso è calcolato applicando il prezzo di macchiatici alla
               quantità degli assortimenti legnosi ritraibili.
                  Le utilizzazioni boschive ammontano, in questi ultimi anni, in media
               a 8 milioni di metri cubi/anno di legno, mentre, prima della Legge del
               1923, i tagli producevano 13 milioni di metri cubi. Se ne deduce come
               la produzione lorda vendibile selvicolturale sia molto bassa, in media
               dell’ 1-1,3% della Plv agricola complessiva, pari quest’ultima, nel 2004,
               a 48 miliardi di euro. Di contro, il legno è la terza voce nelle nostre
               importazioni, dopo il petrolio e la carne, per far fronte ad un fabbiso-
               gno nazionale pari a 38 milioni di metri cubi.
                  È del tutto evidente come l’Italia sia ricca di boschi poveri, come, con
               una felice espressione, ebbe a dire Alessandrini.
                  Oggi, nelle nuove analisi costi-benefici o di un impatto ambientale, è sempre
               più necessario quantificare anche quelle funzioni “senza prezzo” svolte
               dal bene-foresta, che nel tempo si rivelano di gran lunga predominanti.
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                  A tal fine vengono utilizzati: coefficienti indicatori di benefici;
               modelli matematici realizzati per ciascuna funzione offerta dal bosco;
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