Page 155 - Silvae MAggio Agosto
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Molti sono i segni del cambiamento climatico che già si possono misurare e
che sono raccontati in molteplici articoli nelle più prestigiose riviste
scientifiche internazionali e riassunti ogni sei anni dall’Intergovernamental
Panel on Climate Change (IPCC), il Comitato delle Nazioni Unite sul clima.
Per l’Italia, area “hot spot” al pari di tutta la Regione Mediterranea, l’allarme
è particolarmente sentito, come sottolineato anche dalla rete degli “Esperti
Mediterranei sui Cambiamenti Climatici e Ambientali” nel rapporto
MedECC “Risks associated to climate and evironmental changes in the
Mediterranean Region” (Rischi associati ai cambiamenti climatici ed
ambientali nella Regione Mediterranea): frequenti tempeste, distruzioni,
incendi hanno, come conseguenza, danneggiato gravemente l’agricoltura e
le aree spontanee.
Pochi anni fa pensavamo che il riscaldamento globale fosse solo l’aumento
delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello
del mare nel lungo periodo. Ed eravamo convinti che fosse qualcosa
riguardante solo le estremità polari del mondo.
Negli ultimi dieci anni, invece, abbiamo capito chiaramente quali sono le
cause scatenanti degli eventi atmosferici sempre più intensi appena citati,
che spesso colpiscono i nostri Paesi. Secondo le previsioni di cambiamento
climatico per la regione euro-mediterranea fornite da diversi modelli, il
nostro Paese potrebbe essere soggetto ad un significativo riscaldamento,
ancora più accentuato durante il periodo estivo; alla fine di questo secolo
potremmo avere un aumento di circa 5°C della temperatura media
stagionale rispetto alla fine del secolo scorso.
Il ridotto effetto tampone dei mari, sempre più caldi, è sempre meno pronto
ad assorbire le enormi quantità di energia presenti nell’atmosfera. Oltre a
ciò, il frequente cambiamento nell’uso del suolo con la conseguente
deforestazione fatica a contrastare questa situazione.
Dato che il cambiamento climatico è in atto – con la conseguente perdita di
biodiversità – e che la natura non riesce a compensare in toto il fenomeno di
cui siamo in parte responsabili, cosa possiamo fare per rallentare questo
declino?
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