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IL RIAVVICINAMENTO DELL’IRAN ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
Anche durante la seconda guerra mondiale, l’Iran fu asservito agli interessi
degli Alleati nel ruolo di canale di accesso degli aiuti americani all’Unione
Sovietica, superata la complessiva simpatia dei militari iraniani per la Germania
anche attraverso l’abdicazione - poco spontanea - del sovrano, Reza Khan, che
lasciò la corona al giovane figlio, l’ultimo Shah di Persia.
Una fase straordinariamente significativa, nella genesi dell’Iran odierno, è
rappresentata dal governo Mossadegh, all’inizio degli anni cinquanta. L’ondata
di nazionalismo che attraversò il paese, nel momento in cui sembrò possibile
scrollarsi di dosso la soggezione imposta dalla Gran Bretagna attraverso il con-
trollo del petrolio, portò, ma solo ad un’analisi superficiale, al mero “cambio di
padrone”, sempre occidentale.
In realtà, se pure gli Stati Uniti prendevano in Iran - come un po’ ovunque -
il ruolo, talora scomodo, dei declinanti alleati britannici, sarebbe sbagliato non
cogliere, nella disordinata ma spontanea volontà iraniana di indipendenza, un
fremito, una sorta di prova generale (ovviamente non percepita come tale,
all’epoca) verso la realizzazione di uno stato nazionale libero da controlli ester-
ni. Fu del tutto secondaria, fra il 1951 e il 1953, la dimensione religiosa (sciita)
della “ribellione”, al contrario di ciò che avverrà sul finire degli anni settanta,
con la cacciata dello Shah e l’avvento della repubblica islamica. La fase centrale
del novecento, forse anche in concomitanza all’affermazione concreta
dell’Unione Sovietica sulla scena internazionale - ma questa è solo un’ipotesi -
fu certo un periodo di silenzio delle religioni, che riacquistarono voce sul finire
del secolo.
Nell’agosto del 1953, bastò un’operazione di contro-informazione della
Central Intelligence Agency di Allen Dulles a rovesciare il governo dell’anziano
Mossadegh e a rafforzare artificiosamente uno Shah, Reza Pahlavi, che possia-
mo francamente definire non troppo carismatico, comunque ben disposto (o
rassegnato) a sentire le ragioni statunitensi. Ma la nazione iraniana si era fatta
ben notare e venticinque successivi anni di occidentalizzazione forzata serviro-
no più che altro a comprimere forze profonde della società persiana.
La White Revolution, programma di riforme voluto dallo Shah negli anni
sessanta, fu forse più intesa a consolidare (ma non in modo duraturo) il potere
dei Pahlavi che non a proiettare l’Iran nel novero dei paesi industrializzati.
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