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I CARABINIERI DEL 1944 - LE RESISTENZE AL REGIME COLLABORAZIONISTA



                  Con questi esempi di eroismo, il colonnello terminava il racconto della
             storia dell’Arma della legione di Padova dall’8 settembre 1943 alla fine dell’apri-
             le 1945: storia intessuta di lacrime, di lutti, di dolori senza nome, ma che accanto a travia-
             menti e a viltà di singoli elementi - preoccupati più della salvezza fisica che di quella morale,
             più della vita che dell’onore - ha anche annoverato sublimi eroismi ancor oggi non tutti noti,
             e comunque solo in piccola parte acquisiti agli atti ufficiali. Col suo racconto, messo insie-
             me alla meglio sulla base di sommarie emergenze di questi primi due mesi di liberazione e di
             caotico lavoro di riorganizzazione, il colonnello aveva voluto iniziare a far conoscere
             le alterne vicende di questo torbido periodo della nostra storia, circonfondendo di una nuova
             aureola di martirio e di gloria questa nostra vecchia Arma fedele, che neppure il cataclisma
             storico qual è quello abbattuto sull’Italia nei dolorosi anni dal 1943 al 1945 è riuscito a
             demolire.
                  La fierezza, con la quale il colonnello rivendicava l’azione dei carabinieri,
             nonostante l’enfasi retorica, era un legittimo riconoscimento alla fedeltà che
             ufficiali, sottufficiali e militari dell’Arma avevano mostrato, anche a costo della
             vita, verso l’Italia, prima ancora che verso la monarchia, durante gli anni della
             guerra civile. Con la stessa fierezza, quasi un anno prima, il 12 giugno 1944,
             nella capitale liberata, il generale Roberto Bencivenga, comandante del Fronte
             della Resistenza nella città di Roma e nel territorio situato in zona di guerra,
             aveva scritto al generale Filippo Caruso dopo il rientro dei CCRR nei quadri
             organici dell’Arma: Ancora una volta la storia della Patria dovrà registrare una delle
             più belle pagine di gloria per questi valorosi “Benemeriti” che sotto il terrore di un nemico
             implacabile non vacillarono un istante, confermando quelle nobili tradizioni di sacrificio e
             di fedeltà .
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                  In  venti  mesi  di  guerra  civile,  il  contributo  di  sangue  dell’Arma  dei
             Carabinieri alla lotta per la libertà, l’unità e l’indipendenza della patria, fu di
             2.735 caduti e 6.521 feriti. Come ha scritto con efficace sintesi Sabrina Sgueglia
             della  Marra  nel  suo  libro  sul  colonnello  Giuseppe  Cordero  Lanza  di
             Montezemolo e il Fronte Militare Clandestino, l’Arma, ancorché travolta e soverchia-
             ta dalla ferocia nazista, riuscì a trovare nel proprio senso di disciplina e nell’incitamento di
             numerosi ufficiali rimasti fedeli al dovere e alla divisa, la forza di ricostituire in formazioni
             clandestine pronte a resistere. I carabinieri desiderosi di combattere si polarizzarono gradata-
             mente attorno ad alcuni ufficiali che coadunarono le forze disperse dando ad esse assistenza
             morale e materiale. Compito precipuo che l’Arma sentì di dover assolvere ad ogni costo, nono-
             stante l’affannosa caccia all’uomo di cui erano oggetto i suoi membri, era assicurare la conti-
                                                                           38
             nuità nazionale, qualunque fosse stato il futuro assetto politico-istituzionale .

             37   ASACC, D1496.29.
             38   Sabrina Sgueglia della Marra, Montezemolo e il Fronte Militare Clandestino cit. p. 154.

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