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INSERTO
Il linguaggio ha il forte potere di legittimare gruppi nella creazione di
gerarchie e classificazioni, ponendo delle distinzioni spesso violente, creando
così persone di serie A e persone di serie B, come se gli esseri umani non godes-
sero degli stessi diritti e doveri. Tali comportamenti rafforzano il risultato di ciò
che viene attribuito agli individui, comprendente anche la modalità in cui sono
visti e trattati.
Ecco che la grandezza di ciò che la società norma con il suo linguaggio
porta a trasformare le parole della comunicazione in pietre pesanti, che conser-
vano dentro di sé tutto il disprezzo, l’odio e la rabbia, criticando e condannando
persone e gruppi.
Gli epiteti denigratori (parole altamente offensive come ad es: frocio o
troia), portano con sé una carica emotiva ricca di tratti negativi e odiosi talmen-
te elevati che non risultano nemmeno ripetibili, anche se spesso utilizzati nelle
interazioni comunicative online e offline. Questo lo si nota spesso nelle discus-
sioni a carattere sportivo, politico o discriminatorio, in cui si alimenta la violen-
za, raggiungendo livelli talmente elevati da scatenare azioni violente quali scem-
pi, stragi e non solo. Inoltre, i nomignoli dispregiativi contribuiscono a generare
continuamente ostilità, cattiveria e derisione, rinforzando la natura violenta di
cui sono impregnati. Queste aggettivazioni dispregiative portano a regolarizzare
e accettare una comunicazione denigratoria composta da credenze e atteggia-
menti che si rendono così del tutto accettabili e normali perché volte a raggiun-
gere il fine prescelto che può essere umiliare oppure modificare la posizione
gerarchica sociale.
Gli epiteti denigratori sono caratterizzati proprio da parole offensive,
diverse da quelle usate per comunicare disprezzo o derisione nei confronti di
persone, in quanto sono spesso espressioni che comunicano odio verso gruppi
sociali o persone appartenenti a essi. Ad esempio, per esprimere disprezzo
verso una persona nera, si coinvolge l’etnia di appartenenza, “le persone nere”.
Questi insulti e ingiurie sono molto diffusi anche se spesso le persone non
ne ammettono facilmente il loro utilizzo.
Il linguaggio dell’odio provoca sicuramente un danno a persone e gruppi
e contribuisce a rendere vittime non solo i soggetti a cui sono indirizzati tali
attributi, ma rende vittime anche gli ascoltatori che si trovano ad assistere a tale
comunicazione, diventando loro stessi potenziali portatori di credenze razziste
o sessiste e contribuendo a costruire atti violenti e discriminatori. Inoltre chi è
vittima di tali insulti e soprannomi, può sviluppare danni psicologici e fisici
(come ad esempio stati ansiosi e paure, fino ad arrivare a stati più gravi quali
disordini fisici legati a stress post-traumatico, fino al suicidio).
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