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INSERTO
Un condizionamento dominante subito dalla tipologia di parole odiose e
da come e quando sono state dette, ha contribuito a ridurre la persona in uno
stato di sottomissione mentale, di nullità, creando solo una componente
distruttiva e autodistruttiva.
La vittima si vede spegnersi e con essa lentamente anche la sua resistenza
e le sue capacità di opposizione non solo mentale, ma anche verbale, perdendo
ogni sua possibilità critica, perché si chiude in sé stessa, abbandonandosi ad una
totale mancanza di reazione.
Senza volerlo e nemmeno saperlo, diventa complice di chi l’attacca violen-
temente con odio, proprio perché i pensieri nebbiosi di tristezza e di disistima
prevalgono su tutto, portandola a subire senza acconsentire ma neanche reagire.
Generalmente il condizionamento dominante proferito attraverso il lin-
guaggio odioso non viene sempre percepito da chi osserva esternamente, anche
in presenza di segnali evidenti, spesso la reazione è quella dell’indifferenza che
si traduce in “non è una cosa che mi riguarda”. Questa condotta non fa altro
che dare ancora più spazio alle parole violente, legittimandone la loro espres-
sione. Questa approvazione silente di violenza comunicativa passa completa-
mente inosservata, tanto che chi prova a esautorare tale comportamento viene
visto come persona “strana, vecchia, fuori moda”.
Ho condotto negli anni un’osservazione accurata del disastro che com-
mette la parola odiosa e ne ho raccolto una serie di riflessioni rivolte all’agenzie
educative, in primis la famiglia, ma anche la scuola, volte a rivedere lo studio e
la responsabilizzazione del linguaggio.
Ogni parola è un contenitore di emozioni sia per il parlante sia per il rice-
vente, con la differenza che chi la riceve spesso rimane vittima, a volte per un
giorno a volte per sempre.
La violenza proferita con la parola si traduce in delitti che hanno risvolti
diversi se questi sono commessi nei confronti di anziani piuttosto che ragazzi
o viceversa.
Siamo una società che ama l’odio e questa è l’arma più potente che esista,
in quanto è proprio attraverso l’odio che l’essere umano distrugge per prevale-
re, senza considerare che non si può vincere su ciò che si è appena distrutto,
perché ciò che rimane è il nulla.
Nell’aggressione verbale si riscontrano parametri diversi di espressività,
questa è accompagnata a volte da una voce fredda, incolore, piatta, priva di
tonalità affettive e accoglienti.
In altri casi si riscontra un’espressività forte e urlata, che alterna momenti
di silenzio per poi ridare ulteriore sfogo alle parole odiose.
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