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MIRCO GRANOCCHIA




             ralmente «lavare») non solo il denaro (money laundering), ma più in generale i capitali, i beni,
             i valori o le altre «utilità» di provenienza delittuosa, ricorrendo a sistemi o mezzi elettronici
             o, meglio, «cibernetici», resi disponibili dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazio-
             ne (TIC), che coinvolgono oggi soprattutto la rete.
                  Il Procuratore Gratteri e il Professor Nicaso spiegano che il cyberlaundering
             è un sistema che si nutre della mancanza di una vera collaborazione internazionale e di leggi
             frammentate e asimmetriche. I reati finanziari attraversano frontiere virtuali senza fermarsi,
             mentre le normative dei vari Paesi segnano il passo. L’assenza di una legislazione uniforme
             crea crepe nelle quali si insinuano le operazioni opache. I «paradisi digitali» emergono come
             porti sicuri per chi cerca di eludere la sorveglianza finanziaria. Ad agevolare questo tipo di
             operazioni oggi sono gli hacker, i pirati informatici che integrano il lavoro di consulenti finan-
             ziari, commercialisti e avvocati. E, comunque, in crescita anche la competenza di alcuni boss
             o di loro affiliati, come dimostrano le conversazioni intercettate durante alcune recenti inchie-
             ste (235) .
                  Ad esempio, ascoltando le conversazioni di Mario Megna - nipote del boss
             di Papanice, una frazione del comune di Crotone, considerato il braccio econo-
             mico dell’omonima cosca, accusato di aver movimentato centinaia di milioni di
             euro nel settore della finanza clandestina - gli inquirenti sono riusciti a ricostrui-
             re lo schema di un riciclaggio di denaro effettuato in Montenegro: Si tratta di
             centinaia e centinaia di milioni ... Li fanno ... via computer, c’è il direttore che si prende il
             40 per cento. Tu incassi i soldi e spariscono tutte le tracce … Lo sto facendo a Parma, a
             Milano, in Montenegro, in Inghilterra ... lo stanno facendo dappertutto, stanno provando in
             Svezia (236)  Aveva a disposizione degli hacker, uno dei quali era un esperto di pira-
             teria informatica, abile a operare con le cosiddette «schede nere» (237) . Megna lo
             descrive così: E stato anche in carcere, ha ammazzato a uno con una coltellata, però è
             abbastanza intelligente con i computer così come in banca (238) .
                  Le schede nere a cui fa riferimento Megna servivano a movimentare ingenti somme di
             denaro facendone disperdere le tracce, grazie a carte di credito straniere gestite dagli hacker e
             alle compiacenze di direttori di banca. Un collaboratore di giustizia ha spiegato ai magistrati
             che queste carte di credito provenivano prevalentemente da istituti bancari russi, montenegrini
             e croati. In un caso, alcune schede nere erano state utilizzate per scaricare i fondi sottratti ad
             alcuni conti dormienti, dissimulando le varie transazioni grazie a una fondazione croata (239) .

             (235)  Il Grifone, Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Mondadori 2023, p. 112.
             (236)  Procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro, richiesta per l’applicazione di misu-
                  re cautelari personali nei confronti di A.N. +122, cit., pp. 3268-69.
             (237)  Il Grifone, Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Mondadori 2023, p. 113.
             (238)  Procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro, richiesta per l’applicazione di misu-
                  re cautelari personali nei confronti di A.N. +122, cit., p. 3285.
             (239)  Il Grifone, Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Mondadori 2023, p. 113.

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