Page 96 - Rassegna 2022-3
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DOTTRINA




                  Da quanto affermato sino ad ora appare evidente come il concetto di hate speech
             sollevi dei quesiti effettivamente complessi: che cosa si intende per odio? Qual
             è l’effettivo danno arrecato dal discorso d’odio? E, soprattutto, cosa si può o si
             dovrebbe  fare  concretamente  per  contrastare  o,  ancor  meglio,  prevenire  i
             discorsi d’odio? Quest’ultimo quesito ha favorito la nascita di una letteratura
             parecchio vasta e interdisciplinare, in cui giuristi, filosofi, sociologi, storici e
             informatici hanno cercato di produrre un contributo personale per cercare di
             risolvere o, se non altro, arginare il gravoso problema dell’hate speech.
                  Internet  ha  contribuito  a  complicare  questo  già  problematico  scenario,
             poiché ha permesso di riunire persone di ogni religione, credo e nazionalità con
             un semplice click. I social network come Facebook, Twitter, Youtube, Instagram hanno,
             non soltanto collegato miliardi di persone, ma anche permesso di condividere
             idee e opinioni con molta più semplicità. Il rovescio della medaglia di tali piat-
             taforme, però, è la diffusione sempre più crescente di hate speech online che si dif-
             ferenzia da quello classico definito offline, per via di alcune caratteristiche ben
             circoscritte.  Esiste  un’ampia  letteratura  scientifica  sull’argomento  che  non  si
             limita soltanto a documentare e a definire l’hate speech online ma che si interroga
             anche su quanto questo possa essere considerato un hate speech diverso o specia-
             le, se paragonato a quello offline .
                                           (6)
                  È evidente che la natura istantanea della comunicazione online veicolata da
             Internet abbia incoraggiato forme di cyber-odio più spontanee e non ponderate.
             Alcune delle caratteristiche che contraddistinguono l’hate speech online da quello
             offline riguardano:
                    l’anonimato di Internet fornisce l’opportunità di diffondere con facilità
             hate speech perché le persone hanno modo di manifestare i propri pensieri senza
             alcun timore di reazioni o risposte. Per questo motivo l’uso di profili anonimi è
             una componente abbastanza comune per la diffusione di hate speech su Internet;
                    la collettività è uno dei desideri innati degli individui e Internet fornisce
             la possibilità di riunire e di abbattere le distanze geografiche a persone che, in
             caso contrario, potrebbero non essere in grado di connettersi e condividere le
             proprie idee con persone a loro vicine per ideologie;

             (6)  J. CONSTINE, 2.5 billion people use at least one of  Facebook’s apps, TechCrunch, Jul. 25, 2018, in
                  https://techcrunch.com/2018/07/25/facebook-2-5-billion-people/, (consultato il 7 marzo
                  2022); D. K. CITRON, Hate Crimes in Cyberspace, London, England: Harvard University Press,
                  2014, doi: 10.4159/harvard.9780674735613; D. K. CITRON, H. NORTON, Intermediaries and
                  hate speech: Fostering digital citizenship for our information age, BUL Rev., vol. 91, pag. 1435, 2011;
                  R. COHEN ALMAGOR, Fighting hate and bigotry on the internet, Policy Internet, vol. 3, no. 3, pagg.
                  89-114, Jan. 2011; R. DELGADO, J. STEFANCIC, Hate speech in cyberspace, Wake Forest Law Rev.,
                  vol. 49, pag. 319, 2014; B. PERRY, P. OLSSON, Cyberhate: the globalization of  hate, Inf. commun.
                  technol. law, vol. 18, no. 2, pagg. 185-199, Jul. 2009.

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