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DOTTRINA
Da quanto affermato sino ad ora appare evidente come il concetto di hate speech
sollevi dei quesiti effettivamente complessi: che cosa si intende per odio? Qual
è l’effettivo danno arrecato dal discorso d’odio? E, soprattutto, cosa si può o si
dovrebbe fare concretamente per contrastare o, ancor meglio, prevenire i
discorsi d’odio? Quest’ultimo quesito ha favorito la nascita di una letteratura
parecchio vasta e interdisciplinare, in cui giuristi, filosofi, sociologi, storici e
informatici hanno cercato di produrre un contributo personale per cercare di
risolvere o, se non altro, arginare il gravoso problema dell’hate speech.
Internet ha contribuito a complicare questo già problematico scenario,
poiché ha permesso di riunire persone di ogni religione, credo e nazionalità con
un semplice click. I social network come Facebook, Twitter, Youtube, Instagram hanno,
non soltanto collegato miliardi di persone, ma anche permesso di condividere
idee e opinioni con molta più semplicità. Il rovescio della medaglia di tali piat-
taforme, però, è la diffusione sempre più crescente di hate speech online che si dif-
ferenzia da quello classico definito offline, per via di alcune caratteristiche ben
circoscritte. Esiste un’ampia letteratura scientifica sull’argomento che non si
limita soltanto a documentare e a definire l’hate speech online ma che si interroga
anche su quanto questo possa essere considerato un hate speech diverso o specia-
le, se paragonato a quello offline .
(6)
È evidente che la natura istantanea della comunicazione online veicolata da
Internet abbia incoraggiato forme di cyber-odio più spontanee e non ponderate.
Alcune delle caratteristiche che contraddistinguono l’hate speech online da quello
offline riguardano:
l’anonimato di Internet fornisce l’opportunità di diffondere con facilità
hate speech perché le persone hanno modo di manifestare i propri pensieri senza
alcun timore di reazioni o risposte. Per questo motivo l’uso di profili anonimi è
una componente abbastanza comune per la diffusione di hate speech su Internet;
la collettività è uno dei desideri innati degli individui e Internet fornisce
la possibilità di riunire e di abbattere le distanze geografiche a persone che, in
caso contrario, potrebbero non essere in grado di connettersi e condividere le
proprie idee con persone a loro vicine per ideologie;
(6) J. CONSTINE, 2.5 billion people use at least one of Facebook’s apps, TechCrunch, Jul. 25, 2018, in
https://techcrunch.com/2018/07/25/facebook-2-5-billion-people/, (consultato il 7 marzo
2022); D. K. CITRON, Hate Crimes in Cyberspace, London, England: Harvard University Press,
2014, doi: 10.4159/harvard.9780674735613; D. K. CITRON, H. NORTON, Intermediaries and
hate speech: Fostering digital citizenship for our information age, BUL Rev., vol. 91, pag. 1435, 2011;
R. COHEN ALMAGOR, Fighting hate and bigotry on the internet, Policy Internet, vol. 3, no. 3, pagg.
89-114, Jan. 2011; R. DELGADO, J. STEFANCIC, Hate speech in cyberspace, Wake Forest Law Rev.,
vol. 49, pag. 319, 2014; B. PERRY, P. OLSSON, Cyberhate: the globalization of hate, Inf. commun.
technol. law, vol. 18, no. 2, pagg. 185-199, Jul. 2009.
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