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NANDO DALLA CHIESA




                  E quanto alla slealtà, ho in mente un’altra scena apparentemente da nulla.
             Io che, sempre bambino, litigo con il figlio di un altro ufficiale nel cortile della
             caserma di via Moscova a Milano. Un mio amico, beninteso. Me ne ero sentito
             ingiustamente sbeffeggiato. Sicché dopo esserci separati ero tornato indietro in
             cortile per “vendicarmi” prendendolo alle spalle. Esattamente in quel momento
             passava mio padre che mi sgridò non tanto per il litigio in sé quanto per il fatto
             che avevo cercato di avere ragione prendendo il mio “avversario” alle spalle.
             “Questo lo fanno i vigliacchi”, mi rimproverò, “si guarda in faccia”.
                  Data la sede in cui ho il privilegio di potere proporre questi ricordi, vorrei
             però dedicare alcune brevi note soprattutto al modo in cui mio padre mi ha inse-
             gnato a guidare le persone che da me dipendono, si tratti di studenti, di ricercatori,
             di gruppi di lavoro, degli stessi impiegati o quadri che ho avuto in vario modo la
             responsabilità di coordinare nella mia vita. Perché questi insegnamenti riflettono
             qualcosa di straordinariamente importante per capire il modo in cui egli guidò,
             governò i suoi carabinieri. Non scopro niente dicendo che mio padre ebbe doti
             rare di comando degli uomini. Il fatto è che questo senso del comando si tradusse
             nel legame profondo che egli stabiliva con i carabinieri che da lui dipendevano o
             che da lui erano dipesi. Un legame che partiva dal suo sapere essere esempio di
             impegno e di dedizione. Il “colonnello” e poi il “generale”, per pensare ai periodi
             di comando più alto, doveva cioè essere il primo a esporsi, a lavorare senza rispar-
             mio, colui per il quale non esistevano orari di lavoro impossibili. E non solo quan-
             do succedevano i terremoti (quello del Belice…) o quando i terroristi colpivano
             a morte i loro “obiettivi”, ossia quando i fatti lo imponevano. Ma sempre.

























              Genova, 19 ottobre 1974. Un momento dei funerali del Maresciallo Maggiore Felice Maritano
                    (Fonte: Direzione dei Beni Storici e Documentali dell’Arma dei Carabinieri, fototeca 11.87)

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