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NANDO DALLA CHIESA
Proverò qui ad allineare alcuni esempi, che possano servire a spiegare il
rapporto generazionale che ne è nato tra noi. Mio padre, anzitutto, mi ha inse-
gnato la Costituzione. Lo fanno tanti genitori colti, si potrà obiettare. Ma la cosa
speciale è che lui l’ha fatto senza mai leggermene un articolo. Senza mai darmi
ordinate nozioni di educazione civica, anche se deve certo avermene data qual-
cuna tra un discorso e l’altro. L’ha fatto comunicandomi quel che è per me più
importante in assoluto. Ossia lo spirito della Costituzione, da cui tutto discende
e che tutto consente di interpretare. Una Costituzione in cui si radunano i gran-
di principi che hanno fondato la Repubblica. E che perciò merita di essere dife-
sa in nome dello Stato e del popolo italiano, anche a costo della vita. Come l’ha
difesa lui. E in effetti ne capisci davvero il valore quando vedi tuo padre che,
dopo avere già servito la futura democrazia guidando formazioni partigiane
nelle Marche e guadagnandosi la taglia dei nazisti, la serve poi da posizioni di
vertice, nelle responsabilità e nei rischi, combattendo i suoi due principali nemi-
ci, la mafia e il terrorismo. Lo capisci quando rifletti sul fatto che ti vide solo
quattro mesi dopo la tua nascita, e in fotografia, perché aveva accolto da volonta-
rio gli appelli del governo agli ufficiali dell’Arma ad andare nella Sicilia in cui il
bandito Giuliano e la mafia stessa facevano stragi di carabinieri.
Settembre 1949/giugno 1950 il capitano Carlo Alberto dalla Chiesa durante la sua esperienza in
Sicilia quale comandante del Gruppo squadriglie di Corleone, Corpo Forze Repressione Banditismo
(Fonte: Archivio privato Generale Michele Di Martino, Palermo. Raccolta fotografica)
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