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DOTTRINA
19. Considerazioni conclusive
Prima di chiudere il presente lavoro appare importante sottolineare che,
pur rappresentando la sottoscrizione e la ratifica da parte dell’Italia del trattato
di Istanbul un significativo passo verso la tutela delle vittime di violenza dome-
stica, la piena attuazione dei principi statuiti dalla Convenzione suddetta è ben
lungi dall’essere realizzata attesa l’impossibilità di codificare, in attuazione della
medesima, regole precise attraverso cui far fronte alla situazione concreta.
Al riguardo significativa e ricca di implicazioni, sia sotto il profilo teorico
sia pratico, appare la sentenza pronunciata da parte dell’EDU, in relazione al
caso Talpis c. Italia del 2 marzo 2017, ric. 237714.
Il procedimento da cui era scaturita la controversia aveva ad oggetto il
ricorso attraverso il quale una donna Moldava lamentava che, a seguito della sua
denuncia di violenza domestica, non erano state adottate da parte dello Stato
Italiano le misure necessarie a proteggere, lei e i suoi familiari, dai comporta-
menti violenti del marito, successivamente sfociati nella sua tentata uccisione e
nell’omicidio del figlio.
La Corte ha ritenuto pienamente accoglibile il ricorso condannando lo
Stato Italiano per violazione degli art. 2, (diritto alla vita) 3 (relativo al divieto
di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (relativo al divieto di discriminazione);
la Corte ha motivato l’assunto facendo leva sul fatto che la ricorrente era un
soggetto “fragile” e che tuttavia, le autorità, a seguito della denuncia sporta dalla
medesima, avevano omesso di adottare, nell’“immediatezza”, misure efficaci in
grado di cambiare o almeno attenuare il corso degli eventi consentendo, in tal
modo, la reiterazione delle condotte criminose da parte dell’indagato . Il giu-
(75)
dice Spanò, invece, pur avendo partecipato alla deliberazione della sentenza ha
dissentito dalle conclusioni della medesima affermando di non ravvisare la vio-
lazione degli artt. 2 e 14 in quanto la pronuncia imputava alle Forze di polizia
una non adeguata valutazione dell’imminente pericolo corso dalla denunciante,
senza tener conto delle evidenze del caso. In particolare il giudice Spanò addu-
ceva a sostegno della predetta impostazione la circostanza che, nella fattispecie
de qua, tra la presentazione della denuncia e l’omicidio fossero trascorsi ben
quattordici mesi .
(76)
Pertanto, alla luce di tale premessa, affermava che, le autorità non sapeva-
no, né avrebbero potuto rappresentarsi, “l’immediatezza” e la “realtà” del peri-
colo corsi dalla vittima costituenti i parametri enucleati dalla Corte EDU nella
(75) PAOLA DE FRANCESCHI, Violenza domestica dal caso Rumor al caso Talpis cosa è cambiato nella giu-
risprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in Giurisprudenza Penale.
(76) PAOLA DE FRANCESCHI, cit.
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