Page 8 - Rassegna 2021-2_Inserto
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INSERTO



                  Al netto delle derive di pochissimi, arginate dal sistema, in Italia l’attività
             della polizia (giudiziaria o di prevenzione) è pienamente ricompresa nell’alveo
             costituzionale. La tenuta di una catena si calcola misurando la resistenza del-
             l’anello più debole. Analogamente, per misurare la tenuta costituzionale della
             polizia italiana conviene osservare come si comporta nel punto di maggiore
             stress. Fenomeni come l’eversione interna o il terrorismo internazionale d’ispi-
             razione religiosa configurano fattispecie appartenenti alla categoria dei “reati
             contro la personalità dello stato”: il bene giuridico protetto attiene ai nessi ulti-
             mi della società, soppressi i quali si cadrebbe inevitabilmente nell’homo homini
             lupus. Ovvio che qui più che altrove la risposta possa essere caratterizzata da
             panico,  isterismi,  fretta,  scorciatoie;  e,  per  finire,  dalla  regressione  dell’«uso
             legittimo della forza» a pura violenza, per dirla con Weber. Infatti, è proprio in
             questo ambito che sono racchiusi i capitoli più bui del “libro nero della polizia”,
             intesa senza delimitazioni geografiche e storiche.
                  Nella nostra Italia assistiamo a un connubio di cui andare fieri: alla massima
             efficacia delle tecniche investigative antiterrorismo (come anche della correlata
             azione  preventiva)  associamo  un  esemplare  rispetto  dei  dettami  della
             Costituzione. E questo non solo perché gli investigatori italiani antiterrorismo
             avvertono come invalicabili i confini del lecitamente indagabile, tracciati (in primis)
             dalla  nostra  Costituzione,  ma  soprattutto  perché  hanno  capito  che  proprio  il
             rispetto di tali limiti garantisce l’efficacia della risposta, repressiva e preventiva. Per
             non incappare in una sempre pericolosa auto-referenzialità conviene citare uno
             scritto del 2016 di Giovanni Salvi, oggi Procuratore Generale presso la Corte di
             Cassazione, massima Autorità Giudiziaria requirente italiana: «La magistratura ita-
             liana e le strutture investigative che da essa dipendono hanno maturato negli anni
             di un lungo contrasto del terrorismo interno e di quello internazionale, operante
             nel Paese, la consapevolezza della necessità di rispetto delle garanzie fondamentali
             della persona come precondizione anche dell’efficacia dell’intervento repressivo» .
                                                                                       (2)
                  Insomma, l’azione della polizia italiana, finanche nel delicato ambito anti-
             terrorismo, s’inserisce perfettamente nel solco tracciato dalla Costituzione, ope-
             rante di per sé un perfetto bilanciamento tra due opposti obiettivi: da un lato la
             tutela della sicurezza pubblica; dall’altro il rispetto della dignità umana, artico-
             lata nel riconoscimento di tutta una serie di diritti fondamentali .
                                                                          (3)

             (2)  G.  SALVI,  Conoscere  il  terrorismo  Jihadista.  Strumenti  e  tecniche  di  indagine,  in  Questione  giustizia,
                  Speciale  2016,  pag.  154.  Negli  stessi  termini  vedi  A.  SPATARO,  La  lezione  italiana,  in  la
                  Repubblica, 28 marzo 2019, pag. 28.
             (3)  N. COLAIANNI, Sicurezza e prevenzione del terrorismo cosiddetto islamista: il disagio della libertà, in
                  Terrorismo di ispirazione religiosa. Prevenzione e deradicalizzazione nello Stato laico, Roma, APES,
                  2020, pagg. 13 ss.

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