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BISANZIO E LA SUA INTELLIGENCE



                     L’imperatore romano d’Oriente, detto dal VII secolo in poi in greco basi-
               leus, è l’epicentro di tutta l’attività, in quanto egli è il “ricevitore” finale di ogni
               informazione che venga ritenuta di importanza sensibile per la difesa e lo svi-
               luppo dell’Impero stesso. Sicuramente esisteva una modalità di cifratura, che
               però oggi non ci è nota.
                     Oltre al sistema dei messaggi, viene creato - unicum nel mondo tardo antico
               e medievale - un apposito ufficio imperiale: lo skrinion tōn barbarōn, ossia l’“uffi-
               cio dei barbari” (anzi, più propriamente, l’ufficio per i rapporti con i barbari).
               Tale ufficio i cui compiti in dettaglio ci appaiono ancora sfumati, si occupa
               essenzialmente  di  effettuare  traduzioni  dalle  lingue  barbariche  in  greco.
               Chiaramente le funzioni di tale skrinion sembra non si limitassero solo a ciò, ma
               anche a qualcosa d’altro che ancora ci sfugge. È ipotizzabile e logicamente com-
               prensibile che oltre all’attività di traduzione e di conoscenza vi sia stata anche
               quella di “contatto” a fini diplomatici con le popolazioni barbariche, con ovvi
               intenti  di  dissuasione  ai  movimenti  di  invasione.  Ancora  una  volta
               Costantinopoli eredita da Roma un’attenzione verso le frontiere e facendola
               propria la adatta ai tempi e alle circostanze.
                     Parimenti il fronte interno era tenuto sotto controllo. Qui il ruolo dell’eparca
               della città era fondamentale per la concessione delle autorizzazioni ai commer-
               cianti stranieri. Un’importante fonte dell’VIII-IX secolo, il Libro dell’Eparca, ci
               attesta che l’eparca della città sorvegliava non solo le attività commerciali, di
               import-export, ma anche quelle svolte dagli stranieri residenti, per gli stessi motivi
               in Costantinopoli.
                     L’eparca così controllava non solo le corporazioni delle arti e dei mestieri,
               ma anche l’esportazione delle merci e, parimenti, le frodi e traffici ritenuti ille-
               citi. Dal mondo militare, come accennavo sopra, molte sono le testimonianze.
               Le fonti denominate come taktikà o strategikà non sono solo “manuali” per i
               generali bizantini ma anche uno “scrigno” di notizie dalle quali si estrapolano
               le tecniche usate dall’esercito imperiale per non farsi cogliere impreparati mili-
               tarmente. Qui si è certamente dinnanzi ad una attività di Military Intelligence a
               tutto campo.
                     Ci è attestato un corpo di “pionieri” che aveva il compito di osservare e
               riferire cosa accadeva dietro le linee nemiche. La conoscenza esatta delle forze
               del nemico consentiva allora, come oggi, la pianificazione delle operazioni mili-
               tari per il loro buon successo.
                     Accanto al reperimento di informazioni, sapientemente procacciate, sia da
               personale militare sia da civili (per esempio, mercanti inviati appositamente in
               zone di confine o anche oltre le linee nemiche) i generali bizantini riuscivano ad
               avere le idee chiare da un punto strategico.


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