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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE
In particolare, la sentenza sancisce la sussistenza dell’“offesa alla dignità
della persona lesa” rilevando: “il significato sprezzante della frase” tale da non
consentire “di considerare prive di contenuto lesivo quelle espressioni volgari,
che - lungi dall’essere mera espressione di un impoverimento del linguaggio
comune e dell’educazione - rivestivano effettive connotazioni offensive ed un
significativo spregiativo, penalmente rilevante”.
In verità, la Cassazione non attribuisce alcun risalto al riferimento sessuale
della frase rivolta alla persona offesa, sottolineandone essenzialmente il “signi-
ficato spregiativo”; sembra però evidente che le ricadute in termini di effettività
e percezione della lesione traggono origine proprio dal particolare contenuto
della frase incriminata, idoneo a produrre nella persona offesa un turbamento
di tutt’altra natura e rilievo rispetto a quello che si sarebbe determinato a causa
dell’uso di un più generico epiteto offensivo.
In altra occasione abbiamo già evidenziato la particolare attenzione che
merita il problema della tutela della libertà sessuale nel contesto dei rapporti
interpersonali tra militari e di come la materia dovrebbe essere meglio discipli-
nata mediante una compiuta armonizzazione tra diritto penale militare e diritto
penale comune .
(3)
Allo stato, ferma restando l’esigenza di un serio processo di riforma, merita
in ogni caso di essere sottolineata con estremo favore la perdurante vigenza nel-
l’ambito del diritto penale militare di una fattispecie che, ancorché soggetta alla
condizione di procedibilità della richiesta del Comandante di Corpo ex art. 260
c.p.m.p. , consenta all’interno del mondo in armi di mantenere la rilevanza
(4)
penale di condotte che colpiscono la vittima nella parte più intima della sua per-
sonalità, ledendone in misura significativa l’onore e il decoro, soprattutto (sia
consentito sottolineare) quando si tratta di soggetti di sesso femminile. Ordine
legittimo e reiterato: ai fini della sussistenza della disobbedienza sono irrilevanti
le ragioni addotte dal militare che lo riceve.
(3) Sul punto sia consentito rinviare a: A. SABINO, Reati sessuali e diritto penale militare: questioni attuali e
prospettive de iure condendo, in RASSEGNA DELL’ARMA DEI CARABINIERI, n. 2, 2017, pagg. 291 e ss.
(4) Salvo che il fatto sia stato commesso per cause non estranee al servizio e alla disciplina, nel
qual caso si versa nelle ipotesi di insubordinazione o abuso di autorità con ingiuria, perseguibili
d’ufficio.
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