Page 143 - Rassegna 2020-1-Supplemento
P. 143

LA RILEVANZA DELLE INGIURIE VERBALI A SFONDO SESSUALE NEL DIRITTO PENALE MILITARE

             militare, ossia la consuetudine all’uso del cosiddetto “linguaggio di caserma”,
             formula che nell’immaginario collettivo evoca la tolleranza verso espressioni
             che nel linguaggio “civile” sarebbero considerate ingiuriose o, quanto meno,
             inaccettabili per la loro grossolana volgarità.
                  Dopo la riforma introdotta con il D.Lgs. n. 7/2016 si è venuto a creare,
             infatti, un ribaltamento di piani, che vede il sistema penale militare atteggiarsi
             in modo più attento ed efficace di quello comune nella predisposizione degli
             strumenti di tutela dell’onore e del decoro della persona in armi, a prescindere
             dalla attinenza del fatto al servizio o alla disciplina.
                  In tale contesto si innesta il problema delle aggressioni verbali alla sfera
             sessuale. Si tratta di comportamenti che possono ben assumere elevati livelli di
             lesività, in considerazione sia dell’intrinseco contenuto spregiativo delle espres-
             sioni utilizzate, sia delle circostanze di modo, tempo e luogo che caratterizzano
             la condotta. Non vi è dubbio, infatti, che lanciare, soprattutto in pubblico, epi-
             teti o apprezzamenti volgari che coinvolgono la sfera sessuale del destinatario
             può comportare nella vittima un turbamento e un senso di violazione della pro-
             pria personalità forse anche più grave di un’occasionale e fugace manipolazione
             di zone erogene.
                  Tali condotte, però, sfuggono facilmente alla rilevanza penale comune in
             quanto, mancando il necessario contatto fisico, è escluso che possano qualifi-
             carsi come violenza sessuale ex art. 609-bis c.p., e non sono di per sé tali da con-
             figurare neppure il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. (Atti persecutori) o la con-
             travvenzione di cui all’art. 660 c.p. (Molestie), fattispecie che presentano tipicità
             diverse e peculiari rispetto all’ingiuria.
                  Particolarmente significativo e persino emblematico appare, quindi, il caso
             affrontato nella sentenza della Cassazione da cui traggono spunto queste brevi
             note. La condotta incriminata era consistita nell’invito/esortazione rivolta ad
             un militare di sesso femminile ad effettuare un rapporto sessuale orale ad uno
             degli altri militari presenti, con i quali era in corso una conversazione di tenore
             erotico, alla quale la persona offesa non prendeva parte. I Supremi Giudici non
             hanno  avuto  dubbio  alcuno  a  confermare  le  valutazioni  sia  del  Tribunale
             Militare sia della Corte Militare d’Appello, i quali avevano ritenuto pienamente
             integrato il reato di ingiuria di cui all’art. 226 c.p.m.p.


                                                                                     139
   138   139   140   141   142   143   144   145   146   147   148