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IL REATO DI ACQUISTO O RITENZIONE DI EFFETTI MILITARI (ART. 166 C.P.M.P.)
utile preambolo per riprendere la questione, prima lasciata in sospeso, del rap-
porto con altre forme di illecito. Infatti, è proprio nella chiara individuazione
del servizio militare come bene giuridico tutelato dall’art. 166 che è possibile
rinvenire il principale segno distintivo rispetto soprattutto ai reati contro il
patrimonio, caratterizzati da condotte di impossessamento o appropriazione e
dalla immancabile componente del danno patrimoniale. In giurisprudenza, ad
esempio, è stato escluso che la ritenzione di munizioni ricevute per lo svolgimen-
to di una esercitazione e non utilizzate possa configurare il reato di furto o di
appropriazione indebita, proprio nella considerazione che la condotta di riten-
zione: “non è idonea a determinare la lesione dell’interesse protetto dalle norme
incriminatrici che reprimono i reati contro il patrimonio né a dare causa ad una
apprezzabile diminuzione patrimoniale in danno dell’Amministrazione militare,
tant’è vero che se l’imputato si fosse attenuto agli ordini ricevuti dai superiori,
egli avrebbe dovuto esplodere, durante l’esercitazione, anche i cinque colpi a
salve, i quali, perciò, sarebbero stati comunque perduti per l’Amministrazione” .
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Le concrete ricadute di questa affermazione di principio si manifestano in
tutta la loro importanza ove si consideri che i reati contro il patrimonio (in par-
ticolare il furto e l’appropriazione indebita) sono per loro natura istantanei,
ossia (semplificando) si perfezionano e si consumano con l’atto di impossessa-
mento o di appropriazione, mentre la ritenzione è ritenuta reato permanente, in
quanto la condotta criminosa del “ritenere” perdura sino a che sussiste il os-
p
sesso arbitrario del bene . Ne consegue che la decorrenza del termine di pre-
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scrizione va individuato non al momento dell’inizio della condotta, ma a quello
della sua cessazione, con evidenti ricadute decisive sull’esito del giudizio. Per
apprezzare ancor maggiormente la rilevanza di quanto appena evidenziato, si
consideri che solitamente la condotta di ritenzione viene scoperta a distanza di
tempo, a volte anni, dal suo inizio, per cui una diversa interpretazione portereb-
be inesorabilmente molti reati alla prescrizione, e ciò nonostante le novità legi-
slative che stanno recentemente interessando l’istituto.
(8) Cosi la sentenza n. 5982/2000, richiamata nella giurisprudenza citata in nota n. 5. In tal senso
anche: Cass. Sez. I, 15.01.2019/7.06.2019, n. 25352 e la già citata Cass. n. 33833/2019.
Quest’ultima, tuttavia, per affermare la configurabilità del reato di cui all’art. 166 c.p.m.p.
piuttosto che quello di appropriazione indebita, utilizza anche un’ulteriore argomentazione,
legata all’asserita mancanza di una vera interversio possessionis, dovuta al fatto che il muni-
zionamento consegnato al militare per l’esercitazione non esce dalla sfera di vigilanza del
militare addetto all’armeria e del direttore di tiro cui va restituito, se non utilizzato.
L’osservazione, però, appare inconferente, in quanto la ritenzione, come si è già notato, ben
può avere ad oggetto beni non di consumo che sono affidati al militare anche per tutta la
durata del suo servizio in armi e che, pertanto, escono del tutto dalla sfera di vigilanza di altri
soggetti che agiscano in nome e per conto dell’amministrazione.
(9) In tal senso, si veda nuovamente la già citata sentenza n. 33833/2019.
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