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LA VIOLATA CONSEGNA NEL SERVIZIO DI PATTUGLIA AUTOMONTATA
da includere nel nucleo sostanziale della fattispecie solo le violazioni che si
risolvono di fatto nella interruzione del servizio, con conseguente valorizzazio-
ne non già della formale inosservanza di prescrizioni, quanto della offesa al ser-
vizio paragonabile per gravità all’abbandono del posto e, quindi, in sostanza,
alla sua interruzione. Si tratta, come chiaramente riconosciuto dalla stessa dot-
trina, di una posizione che, pur avendo il pregio di pervenire a una qualificazio-
ne del reato come di pericolo concreto, mettendolo al riparo da ogni possibile
dubbio di costituzionalità, non ha trovato seguito, essendo rimasta diffusamen-
te condivisa la tradizionale impostazione che vede nella violata consegna un
classico reato di pericolo presunto, in cui a venire in risalto è pur sempre la vio-
lazione delle prescrizioni che regolano il servizio, a condizione che ad esso
siano funzionalmente attinenti .
(4)
Determinante in proposito è la considerazione che la citata teoria consen-
te, è vero, di coprire l’esigenza sostanziale di salvaguardare la prestazione del
servizio da ogni condotta - pur non esplicitamente prevista dalle consegne - che
di fatto ne determini l’interruzione, ma diventa non più sostenibile nel momen-
to in cui finisce con il mortificare la ratio della fattispecie, che rimane pur sem-
pre radicata nella necessità di vincolare il militare non solo allo svolgimento dei
compiti assegnati ma anche all’osservanza di precise condotte operative, ritenu-
te essenziali ex ante per il corretto ed efficace svolgimento del servizio.
Un secondo nodo da sciogliere riguarda il rilievo che assume la comuni-
cazione al singolo militare delle disposizioni che regolano il servizio.
In proposito è bene precisare, pur apparendo superfluo, che la questione,
per come qui affrontata, non riguarda l’aspetto psicologico della colpevolezza
(essendo indubbio che può essere chiamato a rispondere del reato solo chi
abbia piena consapevolezza delle prescrizioni che si assumono violate) bensì la
configurazione del fatto tipico. In questa prospettiva, soprattutto nella dottrina
e nella giurisprudenza formatesi negli anni ottanta, ci si era chiesti se la conse-
gna, così come intesa nell’ambito della fattispecie penale di cui all’art. 120
c.p.m.p., venga a esistenza solo a condizione che le prescrizioni comportamen-
tali che ne costituiscono il contenuto siano comunicate in modo esplicito e per-
sonale al militare interessato dall’autorità che dispone il servizio (con conse-
guente necessità di dimostrare in giudizio l’effettività della comunicazione)
oppure se tale conoscenza possa derivare da fonti cognitive diverse.
È evidente che la tesi più rigorosa non lascerebbe alcuno spazio per il rico-
noscimento della consegna se non in presenza di una formale comunicazione,
(4) D. BRUNELLI, G. MAZZI, Diritto penale militare, Giuffrè, 2007, pagg. 268 e s., nel quale, a pag. 274,
si richiama espressamente, con riguardo al rapporto tra le due figure della violata consegna
e dell’abbandono di posto: D. BRUNELLI, voce Violazione di consegna e abbandono di posto, in Enc.
dir., vol. XLVI, Giuffrè, 1993, pag. 799.
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