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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI




                  La legislazione italiana ed europea, in questo senso, come descritto nei
             paragrafi precedenti, è piuttosto rigida e presuppone la messa in opera di pre-
             cauzioni tese a mitigare i rischi di un inquinamento ambientale conseguente -
             sembra paradossale - ad opere di bonifica.
                  Nell’elaborazione di un quadro preliminare d’insieme, è necessario tener
             conto delle ragioni per le quali la bonifica ha avuto luogo:
                  -  correnti marine costiere e moti ondosi naturali e/o artificiali che tra-
             sportano ed accumulano sedimenti nelle acque interne del porto;
                  -  residui  di  carburante  ed  altri  idrocarburi  a  vario  titolo  sversati  nelle
             acque;
                  -  concentrazione di metalli pesanti dovuta a fattori endogeni ed esogeni
             (materiali stoccati nelle darsene, sostanze contenute nei carburanti e nelle ver-
             nici, oltre che residui di attività portuali).
                  I sedimenti sopra menzionati sono pertanto i maggiori portatori di agenti
             inquinanti, diventando vere e proprie bombe ecologiche a orologeria. Le opere
             di risanamento devono pertanto tener conto sia delle cause che hanno portato
             a  tali  accumuli,  sia  dei  potenziali  rischi  per  l’ambiente  quando  si  decide  di
             rimuoverli. Come avviene per lo smaltimento dell’asbesto, fino a che questo sia
             in opera (si depositi naturalmente, in questo caso), esso rappresenta un rischio
             potenziale;  tuttavia,  quando  viene  smosso  tutto  ciò  che  si  trova  stabilmente
             legato al fondo viene spinto in sospensione, intorbidendo le acque sia con i
             materiali inerti (argille e sabbie), sia con le altre sostanze via via stratificatesi e
             mescolatesi nel tempo. La normativa di riferimento (vds par. 3) non solo ha pre-
             disposto misure di mitigazione del rischio, ma ha anche imposto dei limiti mas-
             simi di legge, oltre i quali si possono presentare rischi per la salute umana, vege-
             tale e animale.
                  I criteri oggettivi di valutazione della qualità delle acque marine costiere (a
             cui le acque portuali sono assimilate) devono rispettare i parametri descritti nel
             paragrafo  3.4.1.  di  cui  all’Allegato  1  della  Deliberazione  del  Comitato  dei
             Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento, datato 4 febbraio 1977 e
             avente titolo “Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui all’articolo
             2, lettere b), d) ed e), della Legge 10 maggio 1976, n. 319, recante norme per la
             tutela delle acque dall’inquinamento”.
                  Tali norme tecniche, inoltre, sebbene facciano riferimento a una legge
             ora  abrogata,  sono  da  ritenersi  pienamente  vigenti  (vds.  sentenza  del
             Consiglio di Stato del 15 ottobre 2015, n. 477). All’interno di questo docu-
             mento, al punto 3.4.1.3, denominato “Sedimenti”, si legge: “Le determinazioni
             sui sedimenti riguardano tipi di indagini di base e addizionali.


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