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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI
9. Ulteriori sviluppi legislativi
Sempre la Terza Sezione della Suprema Corte, con la sentenza n. 15865
del 31 gennaio 2017, ha affermato che l’art. 452-bis c.p. è un reato di danno,
poiché i fatti accertati “evocano l’idea di un risultato raggiunto, di una condot-
ta che ha prodotto il suo effetto dannoso”, il quale deve essere quantificato
sotto ogni forma giuridicamente rilevante, non solo in ambito penale: “in
primo luogo la condotta “abusiva” idonea ad integrare il delitto di cui all’art.
452-bis cod. pen. comprende non soltanto quella svolta in assenza delle pre-
scritte autorizzazioni, o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente ille-
gittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma
anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali - ancorché
non strettamente pertinenti al settore ambientale - ovvero di prescrizioni
amministrative”.
Nella stessa sentenza, inoltre, il Collegio ha inteso fornire chiarimenti in
merito alla definizione di “compromissione dell’ambiente naturale” di riferi-
mento, definendolo “condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi
naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi”,
nonché di “deterioramento dell’ambiente naturale” che, a sua volta, deve esse-
re inteso come “una condizione di squilibrio strutturale, connesso al decadi-
mento dello stato o della qualità degli stessi (processi naturali, ndr)”. Da tale
distinzione, si evince che “non assume rilievo l’eventuale reversibilità del feno-
meno inquinante, se non come uno degli elementi di distinzione tra il delitto
in esame e quello, più severamente punito, del disastro ambientale di cui all'art.
452-quater... Omissis ... Quel che conta, in ultima analisi, è la sussistenza del
nesso causale tra tali violazioni (qualunque esse siano), che rendono tipica la
“causa”, e l’evento”.
Fermo restando quanto già affermato, è necessaria una precisazione in
merito alla condotta dell’Autorità Portuale competente, che in questo caso è
parte lesa, poiché le opere oggetto di appalto erano tese ad attenuare il rischio
di inquinamento, così come prevede la norma.
In questo tipo di reati, infatti, non è configurabile la cosiddetta responsa-
bilità oggettiva, essendo necessaria un’istruttoria nella quale si valuti corretta-
mente il contributo fattuale di ciascun responsabile della violazione della norma
penale o amministrativa (non è rilevante se per dolo o per colpa). In questo
senso, la sentenza n. 933 del 25 febbraio 2015 del Consiglio di Stato - Quinta
Sezione - individua come unico responsabile colui il quale ha compiuto l’azio-
ne/omissione, nulla eccependo il solo titolo di proprietà e/o di concessione del
bene da tutelare.
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