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TRIBUNA DI STORIA MILITARE
Bisognava creare una coscienza nazionale che facesse da base ad una
coscienza civica, altrimenti si sarebbe andati incontro al grave pericolo interno
di depotenziare l’auto-riconoscimento nazionale nella magniloquenza di una
retorica civile nazionalista che avrebbe acuito la separazione del Paese legale dal
paese reale.
Si trattava, perciò, di far nascere sia la configurazione del cittadino italiano
sia di forgiare l’ethos di una rigenerata comunità di cittadini italiani, e di questo
nuovo costume pubblico l’Arma dei Carabinieri sarebbe stata sicuro presidio di
difesa della libertà, di protezione della sicurezza dei consociati, di garanzia del-
l’eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, e di tutela della legalità. Non
per nulla le raffigurazioni artistiche dei Carabinieri ne proponevano all’opinione
pubblica la sicura e tranquilla immagine di Militari benemeriti.
Inviati a mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza dei beni e delle cose
dei cittadini italiani che abitavano nell’estreme propaggini siciliane in un com-
prensibile, ma non ammissibile, imperante disordine civile, i Carabinieri Reali
dei paesi di Misilmeri e dell’allora Santa Maria dell’Ogliastro (oggi chiamata
Bolognetta) furono, insieme a molti altri colleghi sparsi nelle disagiate Stazioni
della provincia di Palermo, le prime vittime innocenti di una fusione fra gli
Italiani del Sud e gli Italiani del Nord che stentava non solo a consolidarsi ma,
forse, anche a decollare a causa di una serie di clavage ora di natura sociale ora
di indole ideologica ora, più banalmente, imputabile alle variegate usanze e ai
differenti costumi praticati dalla povera gente.
Le agitazioni che a sciame sconvolsero e punteggiarono nel 1866 per sette
giorni e mezzo (dalle avvisaglie del sabato del 15 settembre al sabato sera del 22
settembre) il circondario di Palermo e il suo Capoluogo, sia che vengano lette
sotto la categoria delle rivolte sia sotto quelle delle rivoluzioni oppure delle
insurrezioni e insorgenze popolari, categorie per altro che non sono di certo
concettualmente e tecnicamente equiparabili tra loro, espressero principalmen-
te la delusione che seguì le aspettative di riscatto che i Siciliani avevano riposto
poco tempo prima nella Spedizione dei Mille e nel suo Duce .
(2)
In questo senso le pagine di Verga sull’eccidio di Bronte del 1860 possono
spiegare molto di più di tanti saggi storiografici lo stato d’animo dei contadini,
(2) Si conviene che “solo di recente il giudizio della rivoluzione del ‘sette e mezzo’ è stato sostan-
zialmente rivisto; e da parte della più moderna corrente di studi si è messo in rilievo il nesso
che unisce la stessa insurrezione con tutti gli episodi della lotta popolare siciliana, fino ai
Fasci dei Lavoratori e ai movimenti per l’autonomia. Né è sfuggito il fatto che molti dei par-
tecipanti alla rivolta palermitana del settembre del ’66 si ritroveranno poi nelle sezioni del-
l’internazionale socialista” (Salvatore COSTANZA, Nota illustrativa a Mauro DE MAURO, Sette
giorni e mezzo di fuoco a Palermo, con prefazione di Leonardo SCIASCIA, Edizioni Andò, Palermo
1970, pagg. 8-9).
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