Page 82 - La Grande Guerra dei Carabinieri
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82    La Grande Gueraa dei Carabinieri                               L’attività di counter-inteLLigence deLLa regia Marina
             La nave da battaglia Regina Margherita, progettata assieme alla gemella Benedetto Brin dal generale del Genio Navale Alfredo Ruggiero Micheli,
             varata nell’arsenale di Spezia il 30 maggio 1901.



             maniera occulta, a Zurigo. La spedizione dell’attrezza-  l’esecuzione di numerose prove, le quali furono esegui-
             tura in Svizzera avvenne però con non poche difficoltà   te, tra non poche difficoltà, insieme al Bini. Il comporta-
             a causa del comportamento ambiguo del Bini il quale   mento ambiguo e poco affidabile dell’avvocato fiorenti-
             cercò di ostacolare in tutti i modi l’arrivo a Zurigo del   no, evidentemente più preoccupato di non far cadere in
             materiale. Finalmente anche il Papini giunse a Zurigo   mano al comandante Aloisi le carte che lo compromette-
             dove fu sistemato dal tenente Cappelletti in un modesto   vano piuttosto che far progredire l’impresa, consigliò al
             albergo del quartiere frequentato dagli italiani. Il fabbro   Bronzin di richiedere al tenente Cappelletti la presenza
             livornese iniziò subito a fabbricare e a provare le chia-  di un ulteriore uomo di fiducia che potesse controllare il
             vi necessarie per penetrare nell’ufficio di Mayer ma ben   Bini e fare da sicura “spalla” al meccanico triestino du-
             presto scoraggiato dai modesti risultati ottenuti a fronte   rante la necessaria messa a punto delle chiavi. Informa-
             dei notevoli rischi corsi, decise di abbandonare l’impresa   to della situazione dall’ingegner Cappelletti, Aloisi fece
             e rientrare in Italia.                              giungere a Zurigo, il 17 febbraio, il sottocapo torpedi-
                Non appena Cappelletti si accorse della defezione del   niere Stenos Tanzini, uomo di fiducia del comandante
             Papini, ottenuta l’autorizzazione dal comandante Aloisi,   Laureati già impiegato con successo, in precedenza, in
             si recò a Milano, dove, ricorrendo alle conoscenze che   alcune impegnative missioni segrete all’estero. Poco pri-
             egli aveva tra i fuoriusciti giuliani, arruolò nell’impresa   ma si era riunito al gruppo anche Papini, convinto, dopo
             il meccanico Remigio Bronzin che, scapato da Trieste   una lunga trattativa, a riprendere l’impresa abbandona-
             all’inizio della guerra, lavorava in quel momento nella   ta, senza preavviso, circa un mese prima. Finalmente,
             città meneghina come riparatore di ascensori. Bronzin,   la mattina del 20 febbraio, le chiavi furono pronte: l’o-
             sotto l’identità di copertura di Remigio Franzoni, giunse   perazione poteva partire. Avvisato telefonicamente dal
             a Zurigo il 19 gennaio successivo, accompagnato discre-  tenente Cappelletti, il comandante Aloisi decise di non
             tamente, durante tutto il viaggio, dal tenente Cappelletti.   attendere oltre, temendo che il Bini potesse avvertire
             Il giorno seguente fu presentato all’avvocato Bini con il   Mayer facendo fallire l’intera operazione. Ordinò così
             quale, la sera stessa, si recò a fare un sopralluogo alla   di eseguire il “colpo” quella notte stessa. A mezzanotte,
             sede del cosiddetto Secondo Dipartimento del Consolato   ora fissata per l’inizio dell’effrazione, il gruppo si ritro-
             austriaco. Già dal giorno seguente Bronzin rimise mano   vò davanti al portone esterno dell’edificio sulla Seiden-
             alle bozze di chiavi realizzate dal Papini, accorgendosi,   gasse. Tanzini e Bronzin avevano con loro due sacche
             ben presto, che queste non sarebbero mai state in grado   con parte del materiale necessario all’effrazione; Papini e
             di funzionare. Il fabbro livornese le aveva infatti realiz-  Bini trasportavano a loro volta l’attrezzatura per il taglio
             zate con un gradino in meno rispetto a quelle in uso nelle   ossido-acetilenico. I quattro uomini aprirono senza diffi-
             serrature di tipo “tedesco”. Il meccanico triestino dovette   coltà la cancellata esterna richiudendola alle loro spalle,
             dunque ripartire da zero, utilizzando i calchi in cera delle   quindi salirono al primo piano e fecero scattare la serra-
             serrature creati a suo tempo da Bini. La realizzazione   tura della porta d’ingresso del Consolato. Con loro gran-
             delle nuove chiavi comportò parecchi giorni di lavoro e   de sorpresa la porta non si aprì. Essa era dotata, infatti,
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