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A PROPOSITO DI...
Il 2 ottobre 1911 la
flotta italiana col
risolutive, ma capaci di metterle in difficoltà puntando
e si disperdevano con una velocità già affrontata dal corpo di spedizione
sulla mobilità: le unità nemiche si formavano, agivano
Regio Esercito nei decenni del brigantaggio post-uni-
tario. Dopo la vittoria di Ain Zara – in cui gli italiani si presentò nelle
avevano conquistato le posizioni turche, ma non erano
riusciti ad agganciarne e distruggerne le forze per l’en- acque antistanti
demica lentezza – si fece strada la convinzione che la
fase convenzionale del conflitto si fosse conclusa e
stesse per iniziarsi una più dura guerriglia. Occorreva, Tripoli, iniziò il
quindi, rendere le unità tatticamente più leggere e ve-
loci e si cominciò, ad esempio, a riflettere sul contri- cannoneggiamento
buto, in termini di maggiore mobilità, delle truppe
cammellate. Fu chiaro che le unità metropolitane non e i marinai delle
sarebbero riuscite a trovare la sufficiente mobilità per
contrapporsi al nemico, infatti finirono per arroccarsi
nei principali centri della costa mentre le operazioni unità da sbarco
subirono un rallentamento. Già dal novembre del 1911,
in preoccupante analogia con ciò che era accaduto presero terra il 3
prima di Adua fra il Presidente del Consiglio Crispi e
il Generale Baratieri, Giolitti aveva preso a tempestare
il ministro della guerra Paolo Spingardi richiedendo
maggiore intraprendenza. Alla fine di novembre il Ge- dossare, sull’uniforme bianca, la fascia addominale e il
nerale D’Amico, uscito da Bengasi per reagire ad un’in- tarbush – fez rigido di feltro con fiocco azzurro – di
cursione, alla luce del consueto nulla di fatto, ammise colore rosso. Se questo era comune alle altre unità in-
che niente sarebbe cambiato perché le truppe erano digene e si distingueva per il fregio d’arma, la fascia
prive delle “qualità che gli arabo-beduini posseggono al all’addome, che costituiva protezione dagli sbalzi di
più alto grado e che la nostra gente non potrà mai possedere: temperatura dell’ambiente tropicale, mutava colore da
l’estrema mobilità, la velocità e l’assenza di bisogni ma- reparto a reparto e per l’Arma era stato scelto, natu-
teriali” e consigliava di prendere in considerazione ralmente, il rosso. Questo personale poteva accedere
l’ipotesi di impiegare àscari sul fronte libico (F. Gra- ai tre gradi di muntaz, buluk-basci e sciumbasci – grosso
mellini, Storia della guerra italo-turca 1911-1912, modo equivalenti a caporale, sergente e maresciallo –
Aquacalda, Forlì 2005). e riconoscibili per 1, 2 o 3 stelle al tarbush e stesso nu-
Nel 1911 l’Italia disponeva di truppe coloniali in Eri- mero di galloni rossi a “V” rovesciata al braccio della
trea e Somalia, soldati sicuramente più adatti allo sce- giacca. Di particolare rilievo il grado apicale di scium-
nario libico, ma aveva deciso di non impiegarli. Fra basci (dal tigrino “investito del potere”) cui era consentito
questi è doveroso ricordare che anche l’Arma – dal indossare fuori servizio una mantellina nera e che re-
1887 – aveva arruolato gli zaptiè, traendoli dai bashi- cava come simbolo d’autorità il curbasc, un frustino di
buzuk inquadrati inizialmente per compiti di polizia. pelle d’ippopotamo, col quale applicava anche le san-
Questi primi soldati di colore si distinguevano per in- zioni amministrative fisiche alla truppa. Requisito es-
44 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 1 ANNO VII