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CRONACHE DI IERI



















                                                      di SIMONA GIARRUSSO


















                  uando, il 15 gennaio del 1950, alle pendici del   liare. Rapina, si era trattato sicuramente di una rapina
            QMonte Cesima, fu rinvenuto il corpo senza vita         finita nel sangue. Intanto le indagini procedevano a
            di un uomo gettato in un fosso e ricoperto da sassi, i  ritmo serrato in tutto il venafrano sotto la direzione
            Carabinieri di Venafro brancolavano nel buio più fitto.  del Maresciallo Maggiore c.s. Giuseppe Castrignanò,
            Nessun documento, nessun segno che riconducesse         Comandante della Sezione.
            alla vittima, niente denaro in tasca, nulla. Solo tre fe-  Per quanto venissero vagliate tutte le ipotesi possibili,
            rite d’arma da fuoco alla nuca.                         per quanto venissero analizzati tutti i dettagli, anche
            Ci vollero giorni di indagini per scoprire il primo in-  quelli apparentemente più insignificanti, per quanto i
            dizio di quello che sembrava un rebus senza soluzione   dati venissero studiati, combinati, incrociati, rimescolati
            ma finalmente si poté dare un nome a quel volto sco-    o stravolti, le risultanze portavano sempre, insistente-
            nosciuto. “Appartenuto in vita ad Alfredo Marozza, di   mente, nella stessa direzione. Anzi, alla stessa persona:
            anni 47, da Segni, commerciante in olii e vini”, si lesse  Agostino Martone, ventisettenne da Sesto Campano,
            tra le righe del verbale di identificazione del cadavere.  pastore. Non era certo quello che si suole definire un
            Mancava un movente. Mancava un colpevole.               ragazzo perbene, Agostino. Catturando, pregiudicato
            Gli inquirenti imboccarono l’unica pista percorribile,  per omicidio, sequestro di persona ed estorsione, su di
            quella dell’ambiente in cui vivevano la vittima e la sua  lui pendeva già un mandato di arresto per un furto di
            famiglia di origine.                                    1.200.000 lire commesso nell’ottobre precedente.
            Per questo fu inviato a Segni il Brigadiere Gino Di     Che fosse davvero lui l’artefice dello spietato delitto?
            Placido. Il sottufficiale, muovendosi come un segugio   Il  Maggiore  Erennio  Del  Grosso,  Comandante  del
            tra quelle genti ancora scosse dal grave lutto, raccolse  Gruppo di Campobasso, era deciso ad andare a fondo
            elementi giudicati, sulla base della sua esperienza, suf-  alla questione; i suoi uomini avrebbero trovato il colpe-
            ficienti a ritenere che il delitto non fosse da ricondurre  vole. Incaricò il Capitano Felice Mambor, che guidava

            a motivi di carattere politico né finanziario né fami-  la Compagnia di Isernia, di accertare, tramite confi-



                                                                      NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 3 ANNO VI  35
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