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PAGINE DI STORIA
D’Annunzio e i
Carabinieri hanno
memoria i nomi di coloro che […] hanno prima tentato di
far naufragare l’impresa di Fiume, cospirando vigliacca- intessuto e costruito
mente […] e hanno poi disertato il campo trascinando con
sé qualche centinaio di soldati ingannati dalle loro menzogne. un rapporto intenso,
Essi sono: Capitano Rocco Vadalà (carabiniere nell’anima,
nei modi, nell’aspetto, inguaribilmente, odiosamente carabi-
niere) [segue la citazione di altri ufficiali tutti ritenuti alterno, ambivalente
“rinnegati, perfetti cretini, piccoli orditori”]».
si trova, cosa fa, se si è mai incontrato con Vadalà. Era che occupa lo spazio
E Cabruna? Chissà in questo travagliato periodo dove
giunto a Fiume il 13 settembre 1919, il giorno dopo
l’occupazione, sospinto dall’idea che l’impresa rappre- di appena 4 anni
sentasse un avamposto di patriottismo capace di resti-
tuire orgoglio e senso alle speranze deluse degli italiani in uno dei periodi
e dare uno sbocco assennato al grande massacro della
prima guerra mondiale. Soprannominato l’“ascetico Er-
nesto” per la sua ineccepibile condotta e per la sua nota più drammatici
indole intransigente, era l’unico ufficiale della cerchia
del Comandante che poteva osare di rimproverargli e dolorosi della
l’uso di cocaina, nonché le sue sregolate frequentazioni
femminili. Ancora Giordano Bruno Guerri (cit.) scrive: storia d’Italia
“Ernesto Cabruna, un fedelissimo e medaglia d’oro, lo
rimprovera in una lettera del gennaio 1920: «Lei, che do-
vrebbe scuotere l’umanità di oggi più che mai decadente e
depravata, non sente di far tanto male prendendo la co- “…si scambiarono ciascuno due colpi a 18 passi di distanza
caina». E rincarando la dose «Con l’età che ha, con quel con una sola pistola per modo che ciascuno rimaneva inerme
tanto che ha passato e goduto, perché non sente di dover ri- sotto il tiro dell’altro. Il Tenente Cabruna ebbe dalla sorte
nunciare [alle] donne?»”. Certo, aveva un altro tipo di il vantaggio del primo colpo. Il capitano Carli al secondo
rapporto con d’Annunzio, niente a che vedere con colpo feriva al costato il tenente Cabruna, ponendo così fine
quello del burbero Vadalà. Non ne condivideva gli ec- allo scontro”.
cessi, ma sposava quella parte che riteneva genuina re- Si dedicherà più tardi a scrivere un libro sull’esperienza
stando affascinato dall’ideale dannunziano a tal punto fiumana in cui resta sempre coerente e fedele alla sua
che, non è da dimenticarlo, per diventare “libero” legio- scelta preservando il valore della “Causa bella”, soste-
nario si era dimesso con sofferenza dall’Arma (scrive nendo lo stesso d’Annunzio con cui ebbe, a dire il vero,
«…e questo fido del Comandante, che aveva già, per Fiume, anche diversi contrasti e dissapori. In una lettera del 2
sacrificato la sua vita militare…»). E, a proposito del marzo 1920, scriveva al Vate «In Lei, Comandante, non
giornale la “TESTA DI FERRO”, aveva sfidato ad un ho più fiducia». Ma d’Annunzio non si dimenticò del
duello con la pistola il Capitano degli Arditi Mario suo prezioso e sodale amico, compagno dei più audaci
Carli che aveva pubblicato un articolo ritenuto infa- combattimenti aerei durante il conflitto mondiale.
mante dei Carabinieri. Il fatto ebbe eco sulla stampa: Nell’ottavo anniversario della marcia di Ronchi, il Vate
22 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 1 ANNO IV