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CRONACHE DI IERI
materializzando. Ricordo l’interminabile notte, trascorsa
nella Fiat 126 verde bottiglia di famiglia, senza riuscire
a dormire e senza che nessuno sapesse cosa fare se non
aspettare. Si aspettavano notizie su quanto era accaduto,
rassicurazioni, ma per ore ed ore non si seppe nulla di
certo. L'entità drammatica del sisma non venne percepita
subito. I primi telegiornali parlarono di una «scossa di
terremoto in Campania»: l'interruzione totale delle te-
lecomunicazioni aveva impedito di lanciare l'allarme.
Soltanto a notte inoltrata si cominciò a evidenziarne la
portata distruttiva.
Per nostra fortuna, nonostante la scossa fu avvertita in
tutta la sua violenza, l’epicentro di quel terribile terremoto
non era sufficientemente vicino per causare danni anche
nel mio piccolo paese, situato nella murgia pugliese,
quasi a metà strada tra Bari e Matera.
In quel minuto e mezzo la terra tremò fortemente
nella Campania centrale e nella Basilicata centro-set-
tentrionale. Una scossa di novanta interminabili secondi
che rase al suolo interi paesi, caratterizzata da una ma-
gnitudo di 6.8 (X grado della scala Mercalli) e un ipo-
centro a circa 12 km di profondità, che fece registrare il
proprio epicentro in Irpinia, tra i comuni di Teora, Ca-
stelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano,
Lioni, Sant'Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto
e Santomenna, devastando un territorio di oltre 26mila
chilometri quadrati, suddiviso in diverse centinaia di
comuni nei quali vivevano circa 7 milioni di persone.
Complessivamente il sisma causò 2.914 morti e circa
9000 feriti e 280.000 sfollati, provocando la distruzione
di 150 mila abitazioni e l’isolamento per giorni di
interi paesi. Ma fu soprattutto in Irpinia e nell’Alta
Valle del Sele che la tragedia assunse le dimensioni più
drammatiche: si contarono solo in quel territorio 248
paesi gravemente danneggiati, 2.581 morti, 5.679 feriti,
225.499 senzatetto.
All’estrema gravità dell’evento si aggiunse, per tutto il
mese di dicembre 1980 e di gennaio 1981, la particolare
inclemenza e rigidità del clima. Ancora oggi, a 37 anni